L’agente è in sciopero

di Giorgio Gandola

«Esiste una borghesia codarda che pretende di appaltare alle forze dell’ordine il compito di farsi sputacchiare, pestare e ammazzare per tenere al riparo se stessa».

«Esiste una borghesia codarda che pretende di appaltare alle forze dell’ordine il compito di farsi sputacchiare, pestare e ammazzare per tenere al riparo se stessa. E non vuole, la borghesia, nemmeno pagargli uno stipendio decente».

Trovare Indro Montanelli su Twitter con una frase della massima attualità è qualcosa di straordinario, che travalica la dimensione del tempo. Come se il borbottio contro la decisione di Renzi arrivasse direttamente dall’Aldilà. Lui aveva un debole per i poliziotti, e negli anni Settanta solo chi stava in corteo dalla parte delle P38 poteva percepirli come nemici («La CIA ci spia/con l’aiuto della polizia»).

Poi, proprio nei giorni in cui moriva Montanelli (luglio 2001) arriva il G8 di Genova, la notte della Diaz, l’accusa di polizia cilena. E la percezione collettiva un po’ cambia, mentre gli agenti corrono dalle piazze agli stadi, nuovo epicentro della vuota violenza della società.

Rimane un punto fermo: il lavoro delle forze dell’ordine per uno Stato di diritto è indispensabile, rassicurante, meritorio. A fronte di ciò oggi un agente guadagna attorno ai 1350 euro netti (poi c’è la variabile delle indennità che vale circa il 20%) e ha lo stipendio fermo da 5 anni, vale a dire come tutti eccetto la maggior parte dei dipendenti privati che ce l’hanno fermo da 7, al netto degli 80 euro renziani.

Il succo di questa paralisi è la minaccia di sciopero per la prima volta nella storia. Morale: forma sbagliata perché un poliziotto che fa sciopero è come un antagonista che organizza un posto di blocco in divisa. Ma sostanza legittima. Basterebbe salire su una Volante per capire cosa significa rischiare la pelle per 1.350 euro netti al mese.

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