L’algoritmo di Grillo

«L’algoritmo di Grillo per cacciare chi tradisce il programma? Solo la battuta di un comico». A liquidare con una risata l’idea non è un renziano convinto o un indagato di centrodestra (e viceversa), ma Luigi Di Maio, uno dei parlamentari più in vista del direttorio Cinquestelle.

La faccenda era effettivamente surreale e l’applicazione di un controllore digitale per verificare il comportamento e la moralità di un sindaco grillino - per dire - era sembrata a tutti una omerica sciocchezza. Il problema è che, nel trovare e applicare regole certe, l’intelligenza umana non sembra più affidabile di quella artificiale.

Cinque esempi di cronaca recente. Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, indagato per abuso d’ufficio: sospeso e spernacchiato. Filippo Nogarin, sindaco di Livorno, indagato per bancarotta fraudolenta: legittimato dal partito e invitato a continuare. Alvise Maniero, sindaco di Mira (riva del Brenta), a processo da due anni - quindi rinviato a giudizio da tempo - per lesioni colpose e inosservanza delle norme antinfortunistiche: rimane saldamente al suo posto. Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, né indagata né tantomeno rinviata a giudizio, ma parte lesa dopo avere scoperto infiltrazioni mafiose in Comune: espulsa. Domenico Messinese, sindaco di Gela, mai indagato per alcunché ma evidentemente colpevole di un reato più grande agli occhi del direttorio (un accordo con l’Eni): espulso.

Difficile trovare la traccia di regole in queste decisioni, tutt’al più interpretazioni a seconda delle convenienze e delle sensibilità del momento. Allora, anche se fa ridere, meglio l’algoritmo

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