L’ateneo di Mirello

Fino a stamane nel nostro Paese c’era un’università romena installata dentro i locali di un ospedale. Dove? A Enna. Perché? Per evitare che gli studenti bocciati al test di medicina negli atenei italiani andassero fino in Romania a continuare gli studi.

Con quali costi? Novemila euro all’anno, più o meno sui livelli Bocconi. Come mai l’hanno chiusa? Perché la Guardia di finanza s’è accorta che l’ospedale di Enna non aveva mai dato il permesso alla fondazione Proserpina di aprire quei corsi di romeno (e da dicembre le lezioni di medicina) nei suoi locali. In questi casi si dice: «protocollo inesistente agli atti dell’ente». Per tutto ciò c’è un reato: abuso d’ufficio e invasione di edificio pubblico.

E c’è un destinatario dell’avviso di garanzia: Vladimiro Crisafulli, detto Mirello, il vicerè della Trinacria centrale, vero uomo forte del territorio, cresciuto nel Pci, eletto nelle liste dell’Ulivo, titolare di migliaia di preferenze alle ultime primarie per il Senato. La sua candidatura fu però annullata, come disse Luigi Berlinguer, «per salvaguardare l’onorabilità del movimento». Infatti il Mirello sarebbe stato condannato per mafia.

L’idea dell’università romena nei locali dell’ospedale è bizzarra. E cominciava a funzionare, visto che 54 studenti avevano già pagato i 2.200 euro della prima rata. Sorpreso dall’intervento dei militari, Crisafulli ha semplicemente detto: «Se è un problema di locali, la apriremo da un’altra parte». L’uomo è così, ed è popolarissimo. Nel periodo caldo della nuova legge elettorale pronunciò una frase storica: «A me vanno bene sia il maggioritario, sia il proporzionale. Qui mi eleggerebbero anche se ci fosse il sorteggio». Abbiamo vagamente intuito il perché.

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