Parolacce al Cremlino

«Nell’Unione Sovietica c’era un giornale che si chiamava Verità e non la raccontava mai». Quando parlava della Pravda, Indro Montanelli si infiammava e non a torto. Oggi a Mosca è cambiato tutto, ma la sensibilità del potere verso l’informazione discende da quei rami e non può che essere particolare. Così, qualche giorno fa l’unico giornale di opposizione sul mercato a Mosca - la Novaya Gazeta della fu Anna Politkovskaya- ha ricevuto il secondo cartellino giallo in pochi mesi dal Cremlino per aver pubblicato una mezza parolaccia.

Si trattava del sostantivo «indolenza» con un gioco di parole volgare occultato da asterischi e tratto da un brano del romanzo «Cristallo in un castone trasparente» scritto dal corrispondente della testata dall’estremo Oriente. Niente di politico, di economico, nessun gossip su Putin e sugli oligarchi, inchieste su Gazprom, sulle manovre ucraine e sugli arsenali nucleari neanche a parlarne. Eppure Vladimir Ampelonsky, portavoce dell’ente statale che sorveglia i mass media (ce lo immaginiamo come un gufo in livrea), ha comminato la seconda ammonizione.

La prima era arrivata per la frase «Se noi non siamo l’Occidente, allora chi siamo?» trovata in un commento e definita estremista, come se porsi una domanda fosse un gesto da rivoluzionari. Alla Novaya Gazeta sono molto preoccupati perché le due ammonizioni potrebbero avere la conseguenza, prevista dalla legge, di far scattare la «revoca della licenza di pubblicazione». Insomma, il rischio è la chiusura. L’unica voce discordante col bavaglio per una domanda e una mezza parolaccia. Quando parliamo di Russia, parliamo anche di questo.

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