Ragazzi low cost

Oggi non si compra, si condivide. Il senso del possesso equivale al vecchio, se pretendi qualcosa tutto per te i ragazzi ti associano a Shylock. Oggi non si compra, non ci sono più così tanti soldi per farlo, ma non per questo si rinuncia. Oggi si condivide a basso costo. È l’era dello sharing (appunto, condivisione nel senso di affitto) e le giovani generazioni schiacciate dalla crisi trovano in questo filone la strada per conoscere, viaggiare, provare a volare non solo con la fantasia.

Si condivide la musica, si condividono i film, si condivide l’uso dell’auto (a Milano le city car in affitto sono ormai ad ogni angolo di strada), si condivide la vacanza con AirBnb mettendo a disposizione la casa in luoghi strepitosi e con costi tre volte più bassi d’un albergo, si condivide l’informazione (per ora drammaticamente gratis), si condivide l’abbonamento a teatro, si condividono gioie e dolori su Facebook, si condivide tutto ciò che è oggetto o servizio low cost. E questo modo di approcciare l’esistenza da parte dei nostri figli viene chiamato social, ma è curiosamente molto socialista senza l’impiccio di sapere alcunché di socialismo. I ragazzi ci arrivano da una strada diversa, condotti da necessità diverse.

È tutto post-ideologico, è una Woodstock senza Joan Baez. Vista da loro, questa battaglia lobbistica per affossare Uber è infantile e capricciosa. Viste da loro certe rigidità giudiziarie e sindacali a difesa di privilegi conservatori sono antistoriche, persino reazionarie. Non dimentichiamo che il mondo va da quella parte e le nuove generazioni condivideranno, come hanno sempre fatto, anche il modo di vincere. Come vince il mare quando decide di mangiarsi la spiaggia.

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