Se lo Stato piange

Di questi tempi risparmiano tutti tranne lo Stato. L’ente pubblico fa un’altra cosa: piange miseria. Poi si asciuga le lacrime, si riprende dal profondo dolore per le casse vuote e ricomincia a fare debiti con allegria e leggerezza. Enti locali, ministeri, Asl, università, comuni, province, regioni, organi costituzionali, i più disparati sportelli spendono ogni anno 87 miliardi per acquisto di beni, per forniture, per servizi più o meno essenziali.

Diamo per scontato che tutto ciò sia indispensabile; sta di fatto che di questi 87 miliardi solo il 17% passa attraverso la centrale di spesa inventata apposta per risparmiare denaro pubblico. Una percentuale bassissima, indice di poca cura quando non di sciatteria. Salvo poi stracciarsi le vesti e infliggere ai cittadini nuove imposte.

Peccato, perché la soluzione più virtuosa sarebbe a portata di mano. Passando dalla centrale per gli acquisti del ministero dell’Economia un computer costa 310 euro invece di 373 (lo spiega il rapporto Mef-Istat), le bollette di un punto luce 135 invece di 210, le stampanti 36 euro invece di 103, una citycar per i vigili 7.900 euro invece di 9.700, un furgone per le manutenzioni 11.800 euro invece di 15.900, con un risparmio per i contribuenti (in definitiva è così) del 25%.

Poiché solo il 17% degli enti passa dalla centrale e gli altri si rivolgono a conoscenti, amici, fornitori di vicinato, i costi restano fuori controllo e il risparmio è di 3,2 miliardi invece che di 20. Con due effetti: la spesa pubblica cresce e chi dovrebbe risparmiare per contratto ricomincia a piangere. Con due effetti automatici: tasse più alte e servizi tagliati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA