Sedici miliardi di zavorra

Sedici miliardi. È chiaro che in una domenica luminosa sarebbe meglio continuare a leggere di Bergamo che torna a correre, di un territorio che in pochi mesi ha visto riaprire l’Accademia Carrara, inaugurare autostrade, rifiorire la cultura con mostre (Palma il Vecchio, dopo l’estate Malevic), idee, restauri di gran pregio.

È chiaro che in una domenica di relax sarebbe più lieve buttare l’occhio su un gioiello come Astino, che appartiene al mondo ed è stato restituito – pietra dopo pietra – agli uomini di buona volontà di una terra capace di coraggio e riflessione. Oppure fermarsi un attimo in piazza della stazione, partita malissimo ed ora in via di recupero con sobria eleganza. O ancora buttare l’occhio su San Pellegrino e quelle terme che attirano turisti e danno speranza al destino della Val Brembana.

Tutto questo inorgoglisce e ci dice che forse è arrivato il momento di rialzare la testa. Si può farlo sull’onda dell’economia che è tornata a dare numeri vincenti come quello dell’export e a collocarci al secondo posto in Lombardia dopo Milano; si può farlo sapendo che i bergamaschi hanno una concezione particolare della fortuna. Semplicemente non ne tengono conto (ciò che è volatile non interessa), ma hanno ogni mattina il coraggio di sfidarla. Sarebbe stupendo fermarci qui e cominciare il picnic, ma ci sono quei 16 miliardi.

È l’ipotesi di tassazione che la Cgia di Mestre (centro ricerche degli artigiani che spesso ci prende) ha messo nero su bianco per far quadrare i conti italiani. Da Roma suoneranno di nuovo il nostro campanello: un punto di Iva da aumentare, la spending review fallita da sostituire, il pubblico impiego da puntellare, le pensioni da restituire (le pagheremo ancora noi). Zavorra, tre volte zavorra per uomini e donne migliori del Paese che amano.

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