Sinfonie d’autunno

Un uomo solo al comando senza essere Fausto Coppi. È la sensazione che dà Matteo Renzi a chi lo guarda con disincanto ma non ancora con disillusione, vale a dire quel 42% di italiani che a maggio ha deciso di offrirgli una carta di credito in bianco per cambiare il Paese.

Un uomo solo al comando senza essere Fausto Coppi. È la sensazione che dà Matteo Renzi a chi lo guarda con disincanto ma non ancora con disillusione, vale a dire quel 42% di italiani che a maggio ha deciso di offrirgli una carta di credito in bianco per cambiare il Paese. Lo abbiamo ripetuto fino alla noia: il programma di riforme è irrinunciabile, l’Italia è una nazione ferma, quindi in declino, e la politica suicida degli ultimi vent’anni (con la fattiva collaborazione delle parti sociali, delle lobby e delle consorterie assortite) ha precise responsabilità nell’avere inflitto la sua coltellata d’ordinanza nella carne viva del Paese.

Una congiura degli innocenti, nel senso che oggi sembra che nessuno – da Brunetta a Gasparri passando per Bersani e la Camusso – di questi 20 anni di immobilismo e di conflitti d’interesse, abbia la benchè minima responsabilità. Come diceva De Niro in C’era una volta in America, sono andati tutti a letto presto. L’annuncite di Renzi è una malattia fastidiosa, la mole di lavoro da fare è enorme e si comincia ad avere la sensazione che la montagna sia troppo alta per uno scalatore così inesperto di fronte alle trappole di un’amministrazione vischiosa e capace di ogni veto per sopravvivere a se stessa.

Ma che a metterlo alle corde siano coloro che hanno occupato il potere nel ventennio breve è molto singolare. Che Rosi Bindi lo accusi di non avere concretizzato nulla in sette mesi dopo essere stata inutilmente al governo per una somma vicina ai quattro anni è un controsenso. E che Beppe Grillo chieda a Bersani – spernacchiato in campagna elettorale – di aiutarlo a mandare a casa il governo è ancora più surreale. Nessuno ha le idee chiare e, quel che è peggio, sembra che a ben pochi interessino le sorti del Paese. Sarà un autunno difficile.

Giorgio Gandola

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