Solitudine

È lungo da trascorrere, un mese. Per trenta volte (in media) il sole sorge e tramonta, in un mese. Ed è il periodo che la luna impiega per un’intera rivoluzione attorno alla terra.

È il lasso di tempo fra uno stipendio e l’altro (per chi ha la fortuna di riceverlo), un mese. Un’olimpiade e un campionato del mondo di calcio durano più o meno un mese. C’è chi va a Santiago de Compostela, in un mese. E chi aspetta la pensione per un mese. Un neonato impara a stare seduto e a reagire al freddo e al caldo, in un mese. Si tiene una sessione universitaria, in un mese, e c’è chi riesce a dare anche quattro esami. Si possono perdere anche dieci chili, in un mese, ma è meglio farlo con i consigli di un dietologo sennò se ne riprendono quindici.

È lungo un mese. Per questo rimaniamo travolti dallo sconforto nell’apprendere che un uomo è stato trovato morto a Campagnano, vicino a Roma, in casa sua, ucciso da un colpo di pistola (probabilmente si tratta di suicidio). E la data del decesso risalirebbe a un mese fa. È stato lì un mese sul pavimento freddo del suo appartamento in un paese di 11.000 abitanti (non una megalopoli tipo Hong Kong) senza che nessuno si accorgesse della sua scomparsa.

Non un familiare, non un amico, non un lontano nipote (l’uomo aveva 73 anni), non un vicino di casa, non il panettiere, non il farmacista, non il barista all’angolo che si dessero pena di chiedersi che fine aveva fatto. La quintessenza del disinteresse e della solitudine. Noi ce ne accorgiamo adesso. Quell’uomo che sembra uscito da un incubo o da una poesia di Montale, forse se n’era accorto prima.

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