Successo o cantonata?

Battuta molto gettonata su Twitter: «L’Expo è dappertutto tranne dove dovrebbe essere».

Ed è vero. Vedi l’Expo sui cartelli stradali, sulle guide turistiche, sulle mappe degli aeroporti, in Tv, sugli orologi, dentro i panini, nei programmi di sala dei teatri e sulle etichette dell’acqua minerale. Ma nel perimetro dell’Expo, dove finisce Milano nord e cominciano le autostrade, non c’è ancora. O meglio, non c’è tutta.

Mancano due settimane all’apertura e i padiglioni non sono tutti pronti, la rincorsa diventa affannosa, alcune opere sono state cancellate, altre verranno coperte da pannelli molto artistici che staranno a indicare al mondo: qui non ce l’abbiamo fatta. Così anche un inguaribile ottimista come il sottoscritto comincia ad avere un po’ di paura. Sì, paura.

Perché in tutto questo il nostro Paese ci mette la faccia. Sì, paura, e lo diciamo soprattutto a chi - avendo quotidiani problemi di digestione della vita - è contento di un’eventuale figuraccia. Atteggiamento italianissimo. Ma perché, come dice Crozza, fra sei mesi l’operaio che avviterà l’ultimo bullone rischia di svitare il primo? Gli architetti hanno progettato capolavori di design, gli ingegneri li stanno realizzando, le magnifiche squadre di lavoratori (anche bergamaschi) li stanno tirando in piedi a tempo di record.

Due responsabili: i politici pigri che hanno cominciato a crederci tardi e la burocrazia giudiziaria che prima di dare un ok pretende chili di carte bollate. E con un malinteso senso di legalità paralizza tutto. Trovino i ladri dove ci sono e mandino avanti il resto, sennò la domanda diventa d’obbligo: è Cantone o una cantonata?

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