Un brand di nome Giorgio

«Voglio dare continuità al brand». La frase stupisce, perché il marchio di solito caratterizza un prodotto o un sistema, non una persona. In questo caso meglio dire «dinastia» , ma a Giuseppe De Rita la parola dà fastidio, è esattamente ciò che vorrebbe evitare.

Però è così: il presidente del Censis (nella foto) ha scelto suo figlio Giorgio come direttore proprio per dare il via alla successione. Cose che capitano ai re, ai capitani d’industria, ai titolari delle aziende a conduzione famigliare, ai commercianti che allevano i figli in negozio. In fondo anche ai presidenti della Corea del Nord. Non dovrebbe essere difficile far passare il messaggio. «Anche perché - aggiunge De Rita, 83 anni - il Censis non è un ente pubblico e non ha finanziamenti pubblici».

Allora cos’è il Censis? È un istituto di ricerca che da mezzo secolo fotografa la società italiana e ferma per un attimo - attraverso le abitudini, i comportamenti, i tic, le statistiche, i linguaggi - le caratteristiche di un popolo in movimento. Così completo ed ecumenico da sembrare un istituto pubblico, «anche se i contratti con il pubblico - spiega il fondatore - non superano il 15%».

Prezioso e cattedratico, il Censis di De Rita padre ci ha insegnato che l’individualismo è un limite e il familismo un difetto. Forse per questo c’è stata una sollevazione mediatica di fronte al familismo spiccio a favore del figlio Giorgio. Oltre non è giusto andare. Ben altro scandalo meriterebbero gli esercizi spericolati di nepotismo nelle università pubbliche, negli ospedali pubblici, nei sindacati di tutti. Dovrebbe parlarne la prossima ricerca del Censis.

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