Un signor giudice

Novantotto voti contro zero. Così il Senato approvò nel 1986 la nomina di Antonin Scalia a giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti da parte di Ronald Reagan. Fra le migliaia di sentenze che quel conservatore illuminato ha scritto ce n’è una storica con la quale rigettò una contestazione del diritto di preghiera in un’aula scolastica.

«I Padri fondatori della nostra Repubblica conoscevano la capacità spaventosa delle credenze religiose settarie nel generare dissenso e conflitto civile. Sapevano anche che niente riesce a suscitare fra i credenti di varie fedi religiose tolleranza - anzi affetto - gli uni verso gli altri come il riunirsi volontariamente e pregare insieme il Dio che tutti venerano e cercano. Ovviamente nessuno dovrebbe essere obbligato a farlo, ma è un peccato privare la nostra cultura pubblica dell’opportunità e perfino dell’incoraggiamento a farlo volontariamente. Il fedele battista o cattolico che ha sentito e si è unito alle preghiere semplici e ispirate del rabbino Gutterman in questa occasione ufficiale e patriottica è stato vaccinato dal fanatismo religioso e dal pregiudizio, in una maniera che non è possibile replicare. Privare la nostra società di questo importante meccanismo unificatore al fine di risparmiare il non credente da quello che mi sembra il piccolo disagio di stare in piedi o perfino seduto in una non partecipazione silenziosa, è un atto politico insensato e non sostenuto dalla legge».

Così un gigantesco giudice, solo difendendo i codici della Costituzione, rispose all’aridità del laicismo fine a se stesso. Aveva 79 anni, nove figli e i nonni siciliani. È morto il 13 febbraio 2016, presumiamo nella grazia divina.

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