Viva i sacrifici (altrui)

Che fine hanno fatto i costi dello Stato? Domanda retorica, sono aumentati.

L’avevamo intuito dopo l’elegante benservito al commissario Cottarelli e dopo il conseguente abbandono del progetto di revisione di spesa, tanto che la formula spending review è improvvisamente scomparsa dalle labbra dei politici e dalle pagine di molti giornali. Invecchiata, del tutto obsoleta come «un momentino» e «macarena».

Tutto questo perché, nel silenzio generale, il Palazzo (governo, Parlamento, poteri istituzionali dello Stato) ha evidentemente deciso che non è il caso di adeguarsi ai sacrifici del Paese in crisi. L’ultima denuncia di una situazione ormai imbarazzante arriva dalla Uil: per il funzionamento degli organi dello Stato centrale – presidenza della Repubblica, Camera, Senato, presidenza del Consiglio, Corte costituzionale, indirizzo politico dei ministeri – nel 2014 i costi sono stati di 3 miliardi di euro, in aumento del 2% (60 milioni) rispetto al 2013. La sensazione era palpabile anche perché dopo i primi mesi di rodomontesca sicumera lo stesso Renzi ha cominciato ad affrontare il tema della spesa pubblica abbassando il volume e con passo felpato.

Sembrava che avesse letto il cartello «chi tocca muore» appeso nottetempo fuori dal suo ufficio. Così non ha toccato e non ha alcuna intenzione di toccare. Lo Stato, principale causa della spesa pubblica, non ha nessuna intenzione di ridurla. Così gli italiani, fra mille dubbi, hanno una certezza: gli unici a non rispettare la regola del sacrificio sono coloro che l’hanno imposto.

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