Anche i cani
soffrono di stress?

Anche i cani soffrono di stress? Certamente si e molto più di quanto si possa pensare. Spesso si sente parlare di cani stressati ma come possono arrivare a manifestare queste risposte? L’interazione tra uomo ed animali domestici dura da millenni; tuttavia esiste un numero limitato di specie animali che hanno subito una evoluzione più strettamente correlata a quella umana: il cane è sicuramente il più importante ma anche il gatto, i cavalli e altri animali domestici.

Questi, che inizialmente costituivano, al pari di altri, fonte di nutrimento ottenuto tramite la caccia, sono progressivamente stati inseriti nell’ambiente più strettamente gestito dall’uomo. Attraverso il lento e complesso processo di domesticazione tali specie sono state allevate e con l’uomo hanno interagito ottenendo e fornendo reciproci vantaggi sempre più specialistici e differenziati.

L’interazione tra uomo ed animali domestici può portare a stress con eccessivo«malessere», cioè stress troppo forte o persistente o cronico («distress»). Anche questo discorso è solo apparentemente riservato agli animali «da reddito», su cui è ormai presente una notevole letteratura; infatti, forme di disadattamento e «distress» compaiono anche negli animali da affezione che, sebbene costantemente a contatto con il proprietario e con il nucleo familiare, sono stati finora meno oggetto di tali ricerche: ne sono esempi gli effetti delle frequenti «incomprensioni» tra animali e proprietari, da cui spesso traggono origine disturbi comportamentali nell’animale, indicatori di stati di stress e dannosi per l’equilibrio del rapporto (aggressività e ansie distruttive).

È opportuno ricordare che con «stress» si intende una reazione fisiologica in risposta a pressioni ambientali o psicologiche, indicate come «stressori» ed è collegata ad una serie di modificazioni dell’organismo, quali innalzamento dei livelli di corticosteroidi e cambiamenti comportamentali e fisiologici. Nel concetto di stress alcuni autori ritengono di includere anche quello di «sofferenza» che, al di là della concezione tradizionale del dolore, significa presenza di una varietà di stati soggettivi sgradevoli, acuti o cronici, che possono o meno avere correlati fisiologici e/o comportamentali.

Un animale è in uno stato di scarso benessere quando i suoi sistemi fisiologici sono talmente disturbati da danneggiare le sue possibilità di sopravvivere e di riprodursi. Nella determinazione dello stato di benessere infatti sono importanti soprattutto le esigenze fisiologiche e successivamente, quelle di sicurezza e comportamentali.

Un significato particolare assumono le caratteristiche etologiche, in quanto da un lato sono collegate all’evoluzione dall’altra indicano la capacità di «apprendere per sopravvivere» e quindi di utilizzare l’esperienza, cioè di «imparare», tramite processi più complessi rispetto a semplici associazioni stimolo-risposta riflessa.

La conoscenza del repertorio comportamentale («etogramma») specie-specifico, determinato dall’evoluzione filogenetica legata alla selezione naturale, e successivamente alla selezione genetica operata dall’uomo, è quindi fondamentale per evidenziare quelle reazioni che si discostano dallo stesso e, di conseguenza, identificare spie di ‘malessere’ acuto o persistente («distress») che possono poi ripercuotersi in problemi più importanti fino a coinvolgere anche la relazione con l’uomo a seguito della manifestazione di fenomeni gravemente ansiosi o aggressivi.

I disturbi dell’omeostasi psico-fisica riconoscono infatti spesso un’eziologia ambientale oltre che genetica, ed è nelle caratteristiche di interazione individuale con l’animale che si può trovare l’origine di una serie di problemi e la possibilità di ridurli o, meglio, di prevenirli. Conoscere i sintomi e i segni di stress potrebbe quindi aiutare i proprietari di cani a comprendere un loro stato di malessere e a cercare di porvi rimedio tramite l’aiuto del medico veterinario curante.

*Jacopo Riva, medico veterinario, specialista in Etologia applicata

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