Proteine nelle urine
Il cuore è a rischio

Proteine nell'urina: anche valori un tempo considerati normali sono una spia del rischio cardiovascolare per i diabetici. La ricerca del Negri e dei Riuniti potrà aiutare a stabilire quali pazienti necessitano di prevenzione mediante farmaci anti-ipertensivi.

Sono oltre 300 milioni le persone che nel mondo soffrono di diabete di tipo 2, una malattia che è sempre più diffusa non solo nei Paesi avanzati, ma anche in quelli poveri.

Nei pazienti diabetici, la presenza di quantità misurabili di proteine nelle urine, anche se considerate nella norma, aumenta il rischio di andare incontro a problemi cardiaci. E' quanto emerge da uno studio dei ricercatori del dipartimento di medicina renale del Mario Negri in collaborazione con gli Ospedali Riuniti di Bergamo, che è stato pubblicato il 30 agosto, nell'edizione online del  Journal of the American Society of Nephrology (JASN), l'organo ufficiale della società scientifica che riunisce i nefrologi statunitensi. Lo studio è particolarmente importante perché potra' aiutare a identificare i pazienti che necessitano di una terapia per proteggere il cuore.

In alcuni pazienti diabetici il malfunzionamento  del rene provoca un aumento del livello di una proteina - l'albumina - nelle urine, una condizione definita albuminuria. Per questi pazienti il rischio di infarto, insufficienza cardiaca e di altre malattie del cuore e' considerevolmente maggiore rispetto a quello che si rileva in chi, diabetico o no, ha livelli di escrezione di albumina che si sono sempre considerati normali (normoalbuminuria) cioe' inferiori a 20 ?g/min.
I ricercatori si sono domandati se anche  valori di albumina nelle urine nei limiti finora ritenuti normali possano costituire comunque un fattore di rischio cardiaco per i diabetici.
E' importante stabilire se esiste un valore di albuminuria che permetta di discriminare i pazienti che necessitano di una prevenzione farmacologica per proteggere il cuore da quelli per cui invece tale rischio è basso" - dice Giuseppe Remuzzi direttore dell'Unità di Nefrologia degli Ospedali Riuniti e coordinatore delle ricerche del Mario Negri di Bergamo - "il problema e' molto rilevante perché circa il 90% dei pazienti diabetici è in una condizione di normoalbuminuria".

I ricercatori del Mario Negri e dell'Ospedale hanno esaminato i dati raccolti in un precedente studio clinico, relativi a 1.208  pazienti diabetici con livelli normali di albumina, seguiti per oltre 9 anni, e hanno valutato la relazione tra l'escrezione di albumina e le complicanze cardiache che si sono verificate, scoprendo che qualsiasi livello di escrezione di albumina misurabile comporta un rischio cardiovascolare significativo.
 "Abbiamo rilevato che l'escrezione di albumina e' direttamente e proporzionalmente legata a un incremento del rischio cardiaco" - spiega Piero Ruggenenti degli Ospedali Riuniti - "Abbiamo anche visto che un valore di  albuminuria di soli 1-2 ?g/min è significativamente associato a un maggior rischio di malattia cardiaca rispetto a valori inferiori a 1 ?g/min."

Questa relazione tra albuminuria e rischio cardiovascolare, tuttavia, non è stata rilevata nel gruppo di pazienti in terapia con farmaci antiipertensivi della classe degli ACE-inibitori. Ciò suggerisce che questi farmaci hanno la capacità di proteggere il cuore e possono essere utili per tutti i pazienti diabetici sia con albuminuria che con normoalbuminuria.
Futuri studi clinici indicheranno i livelli di escrezione di albumina al di sopra dei quali è indicata un terapia preventiva di cardioprotezione.

Oltre a Remuzzi e Ruggenenti, autori dello studio sono Nicola Motterlini, Annalisa Perna, Aneliya Parvanova Ilieva, Ilian Petrov Iliev, Alessandro Roberto Dodesini, Roberto Trevisan, Antonio Bossi, Giuseppe Sampietro, Enrica Capitoni, Flavio Gaspari, Nadia Rubis, Bogdan Ene-Iordache.

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