Nuove strategie terapeutiche per combattere i tumori solidi

Avanzano spediti gli studi della Rete Oncologica Nazionale coordinata dal ministero della Salute.

Si chiamano Car-killer e sono cellule che i ricercatori del progetto Car-T di Alleanza Contro il Cancro, la Rete Oncologica Nazionale del Ministero della Salute presieduta da Ruggero De Maria, stanno sviluppando e dirigendo verso target innovativi in tumori solidi. Quest’ambiziosa porzione del progetto coordinato dal professor Franco Locatelli, parte del più ampio programma di ricerca finanziato dal Parlamento con dieci milioni di euro - lo stesso che ha consentito la remissione completa di giovani pazienti affetti da leucemia linfoide acuta attraverso l’infusione di un basso numero di cellule -, si propone di implementare nuovi approcci a livello preclinico per estendere l’applicabilità del trattamento con cellule Car-T a neoplasie non ematologiche, migliorando parallelamente il profilo di sicurezza ed efficacia dell’approccio.

«Parliamo di nuovi Car (recettori chimerici antigenici) - spiega Concetta Quintarelli, coordinatrice del Working group immunologia di Acc e responsabile della Terapia genica dei tumori al Bambino Gesù di Roma - in grado di controllare il carcinoma di polmone, pancreas, colon e dei tumori cerebrali». In questa direzione si sono sviluppate in Acc numerose progettualità che coinvolgono gli altri Wg della Rete. «Lo stadio della ricerca è preclinico. Per quanto riguarda il polmone - ha precisato Quintarelli - sono stati sviluppati nuovi vettori per la terapia genica la cui efficacia viene testata sia su colture cellulari sia nei modelli animali. Soltanto al termine di un’elevata e meticolosa caratterizzazione preclinica, e dopo avere sviluppato materiale per la terapia genica avente peculiarità compatibili con il rilascio per utilizzo sull’uomo - precisa ancora la ricercatrice - si potrà passare agli studi clinici. Il lavoro che attende le centinaia di ricercatori impegnati su questo fronte è particolarmente impegnativo».

Al proposito, il presidente De Maria ha detto che «grazie all’eccellente lavoro del gruppo coordinato dal professor Locatelli, gli studi sui tumori pediatrici saranno i primi ad essere trasferiti alla clinica. Tuttavia, è probabile che, grazie a questo programma, entro un paio di anni verranno attivati dei trial clinici anche su alcuni tumori solidi degli adulti».

Una rivoluzione nel campo dell’immunoterapia per la cura della leucemia linfoblastica Acuta è stato lo sviluppo di linfociti T modificati geneticamente che esprimono un recettore antigenico chimerico (Car) contro i target tumorali. Tuttavia, nonostante la loro efficacia nel curare la Lla, le cellule Car-T sono state associate a un profilo di sicurezza non ancora ottimale. Inoltre, nell’ambito di altre patologie maligne ematologiche (ad esempio la leucemia mieloide acuta, Lma) e dei tumori solidi, l’efficacia dell’approccio è risultata limitata. Per questi motivi il progetto di ricerca Car-T, promosso dal Ministero della Salute e sviluppato sotto l’egida di Acc, si prefigge di migliorare l’efficacia della terapia con cellule Car-T attraverso la creazione di un network di collaborazione che unisca l’expertise delle diverse Istituzioni partecipanti. Nel team di progetto sono coinvolti 17 dei 28 Irccs attualmente associati alla Rete.

Nei primi mesi del 2021 sono stati registrati melanomi più severi e diagnosi tardive. Lo rivela uno studio condotto presso la Melanoma Unit dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma diretta da Francesco Ricci. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology, ha confermato che la gravità dei melanomi diagnosticati all’Idi nei primi mesi del 2021 si è mantenuta più elevata rispetto al periodo precedente alla pandemia da Covid. «Questo dato potrebbe essere spiegato dal fatto che proprio i pazienti con melanomi più severi abbiano continuato a ritardare lo screening cutaneo a causa della pandemia, sottovalutando la gravità del problema», osserva il direttore dell’Unità di epidemiologia clinica dell’Idi Damiano Abeni.

Dal lavoro emerge che i giorni del periodo di studio (gennaio-giugno 2021) sono stati 157 e i nuovi casi di melanoma riscontrati 294, con un numero medio di 1,9 nuove diagnosi al giorno (leggermente inferiore rispetto alle 2,3 nuove diagnosi giornaliere osservate presso l’Istituto di Roma in fase pre-pandemica).

«Già nel 2020 - spiega Ricci - avevamo osservato un aumento significativo della gravità dei nuovi casi di melanoma con un aumento sostanziale del loro grado di infiltrazione (ovvero lo spessore di Breslow che era passato da una media di 0,88 mm nella fase pre-pandemica ad una media di 1,96 mm nell’immediato post-lockdown)».

«Con questo studio - dice Abeni - abbiamo osservato che, nonostante nel 2021 il numero di diagnosi giornaliere di melanoma sia tornato quasi alla media pre-pandemica, la maggiore gravità dei melanomi vista nell’immediato post-lockdown del 2020 si è ripetuta anche nei primi mesi del 2021».

Questa maggiore gravità è stata evidente sia per quanto riguarda lo spessore di Breslow medio (1,4 mm del 2021 contro lo 0,88 mm del periodo pre-pandemico), sia per le caratteristiche cliniche di questi tumori (con una maggiore proporzione di melanomi nodulari, ulcerati o con una componente di crescita nodulare).

Tuttavia, la percentuale di melanomi meno severi è rimasta sostanzialmente stabile nelle varie fasi pandemiche (24-28% del totale dei melanomi) ed è molto vicina ai valori osservati nel periodo 2018-2019.

Il ritardo diagnostico ha riguardato prevalentemente persone di sesso maschile di età pari o superiore a 50 anni. «Sebbene sia prematuro prevedere le conseguenze cliniche del ritardo diagnostico - conclude Abeni - è auspicabile che la pandemia non sia causa di un ulteriori proroghe degli screening di prevenzione delle altre patologie».

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