Sei mesi di cantiere
e diciotto negli uffici

Tonnellate di carta… I lavori per il rifacimento della pista di Orio al Serio si stavano concludendo praticamente a tempo di record lo scorso giugno e Miro Radici scuoteva la testa. «La burocrazia italiana è quella che è: si producono solo tonnellate di carta e non effetti positivi sul territorio in termini di investimento ed occupazione». Ma il presidente di Sacbo non stava pensando alla pista, bensì a quel parcheggio che nelle intenzioni di Sacbo avrebbe dovuto aprire per Pasqua, e che invece centrerà il traguardo a Natale.

«Quanto tempo è durato l’iter burocratico? Se non due anni, uno e mezzo tutto…» commentavano ieri dagli uffici tecnici della società che gestisce l’aeroporto: «Ma la verità è che non ce lo ricordiamo nemmeno noi». E forse è meglio dimenticare davanti ad un’opera rimasta negli uffici per un tempo tre volte superiore alla durata dei cantieri stessi: 18 mesi contro 6. Francamente imbarazzante.

E a volerla dire tutta, la storia è ancora più lunga: quasi 8 anni. Già, incredibile ma vero. Perché è nel gennaio 2007 che Sacbo e Aviostil, società del gruppo Percassi, costituiscono una newco – una nuova società di scopo – per il parcheggio. La prima interessata alla gestione degli spazi, i secondi ai possibili sviluppi immobiliari su un’area che sembrava molto appetibile. Al punto che persino l’Ikea ci aveva fatto un pensierino.

Da lì in avanti le parti non si sono proprio più trovate: prima hanno sciolto la newco, poi dato il via ad un eterno minuetto per trovare un accordo sul valore dell’area di proprietà di Percassi e che Sacbo voleva acquistare. Ma non alla valutazione del patron dell’Atalanta. Tra perizie, controperizie, e trattative varie alla fine la partita è stata chiusa intorno a 28 milioni di euro e con un progetto che strada facendo si è fortemente ridimensionato. Basti pensare che dai 12 mila posti iniziali si è via via scesi agli attuali 5.000. Potenziali, perché in realtà quelli che verranno inaugurati a breve sono poco più di 1.500. Un primo step, insomma.

Ma il business è di quelli fondamentali per una realtà come Sacbo, che come tutte le società di gestione aeroportuale vede i ricavi propriamente «aviation» ridursi sempre di più. Per intenderci, i margini di guadagno della mera attività aeronautica sono sempre meno importanti: figuriamoci poi se il tuo primo interlocutore si chiama Ryanair, è irlandese ma più tignoso di uno scozzese e (soprattutto) ha in mano l’80% del tuo mercato.

Per questo motivo negli ultimi anni Sacbo ha puntato pesantemente sul potenziamento delle attività commerciali, come testimoniato dall’ampliamento in corso dell’aerostazione: margini di crescita sono ravvisabili sempre di più nelle attività «no aviation». E, bilanci alla mano, i parcheggi sono tra le più redditizie.

Prova ne è il florilegio di strutture private sorte senza controllo né pianificazione alcuna intorno all’aeroporto, spesso con il complice assenso dei Comuni. Una fetta di clientela che ora Sacbo cerca di riportare a casa con i primi 1.500 posti dalle caratteristiche low cost, come del resto la vocazione ormai consolidata dello scalo. Poi si penserà all’ampliamento e al collegamento con l’aerostazione, ancora da definire. Sperando che la burocrazia non tenga tutti a terra anche stavolta: sarebbe davvero troppo.

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