Agostini: «La morte di Tomizawa?
Tragica fatalità. Basta polemiche»

«La morte di Shoya Tomizawa è stata una tragica fatalità per la quale non possiamo dare la colpa a nessuno». Così Giacomo Agostini, raggiunto telefonicamente da L'Eco di Bergamo, ha commentato l'incidente che domenica a Misano, al dodicesimo giro della Moto2, è costato la vita al ventenne giapponese.

«È successo un incidente che mi fa più male che a tanti altri - prosegue il 15 volte campione del mondo - perché ho visto morire tanti piloti che gareggiavano con me. Ai miei tempi ogni due o tre mesi c'era una disgrazia. Penso a quando, nel 1973, ci lasciarono Renzo Pasolini e Jarno Saarinen a Monza. Adesso invece da 7 anni non accadeva nulla». Prima di Tomizawa, l'ultimo pilota del Mondiale a perdere la vita era stato nel 2003 Daijiro Katoh a Suzuka: il tredicenne Peter Lenz, morto 10 giorni fa a Indianapolis, gareggiava nel Trofeo Moriwaki.

Agostini, è sotto accusa la sicurezza del Motomondiale?
«A partire dagli anni Settanta, dalla morte dell'amico Gilberto Parlotti al TT, si è lavorato tantissimo. Io spinsi per far escludere l'Isola di Man dal Mondiale e quello fu il primo segnale. Ora grazie a questi circuiti e ai grossi miglioramenti nelle protezioni e nei caschi abbiamo raggiunto una protezione invidiabile. Per esempio la Dainese ha prodotto l'airbag che salverà tante vite, ma che con questa dinamica nulla ha potuto. Credo che più di così non si possa fare per la sicurezza perché il rischio non è completamente eliminabile e in fondo si muore anche in bici».

C'è chi punta l'indice sulla pericolosità dell'erba sintetica che avrebbe fatto perdere il controllo della Suter a Tomizawa.
«In qualche modo la pista va delimitata e la soluzione scelta è la migliore. Una volta c'erano i guardrail e i muri. E se invece del sintetico ci fosse l'asfalto tutti i piloti userebbero anche quella porzione di pista per andare più forte. Il sintetico è indubbiamente meglio di sabbia e prato e i piloti sanno che non possono piegare come sull'asfalto. Il povero Shoya ha commesso un errore, non chiudendo il gas, nella foga di tenersi alle spalle i due che lo tallonavano».

E chi sostiene che la gara andasse fermata?
«Sarebbe stato giusto fermarsi se il pilota andava soccorso in un punto dove passavano le moto. Ma dove si trovava i medici potevano assisterlo senza problemi».

Ha fatto bene la Dorna a far disputare la MotoGp?
«Pensare di annullare la MotoGp è un'assurdità. Quando cade un aereo con 200 persone, forse l'aeroporto interrompe le partenze? O quando un operaio muore in fabbrica, questa chiude? No, si fanno uno o più minuti di raccoglimento. Ma si va avanti. I piloti sanno il rischio a cui vanno incontro e anche Tomizawa se avesse potuto scegliere avrebbe fatto proseguire le gare».

E la cerimonia sul podio, potevano risparmiarcela?
«Mi sembra che sia stata una cerimonia rispettosa con le bandiere a mezz'asta e niente champagne. I tre sul podio hanno rischiato la vita e, giustamente, andavano premiati».

Cosa suggerisce di fare?
«Per onorare Tomizawa dobbiamo smetterla di polemizzare. È stata una grande disgrazia, senza alcuna responsabilità. Pensiamo al povero Shoya e preghiamo per lui».
 Giovanni Cortinovis

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