Claris, 43 anni e non sentirli
L'Higuita orobico vuole giocare

In attesa di tornare a guardia di una porta, Ivan apre quella del cuore: «Se una cosa l'hai nel sangue è dura rinunciarci. Non sono un patetico, so di poter dare ancora una mano». Meglio due. Perché l'Ivan in questione di cognome fa Claris, di ruolo fa il portiere, ed è reduce dalle due domeniche più atipiche di sempre: la prime senza presa diretta su un campo da calcio.

I campionati sono partiti, le classifiche si muovono, meno l'elenco dei giocatori senza squadra. Sono parecchi, soprattutto fra i portieri, la specie meno protetta dalla regola del giovane in più. Fra loro c'è pure Claris, 43 anni compiuti lo scorso luglio: «Ma l'entusiasmo è quello di sempre, vorrei giocare ancora un anno - continua lui, residente a Bergamo - per allenare in qualche settore giovanile o giocarsela con gli amatori c'è tempo, no?».

Esatto. Lui, l'ultimo mese, l'ha trascorso a prepararsi in solitudine, per non farsi trovare impreparato nel caso il telefono squilli. Sai mai qualcuno, sul far dell'autunno, si accorga dei pregi dell'usato garantito: «Non è questione né di soldi né di categoria. Vicino a casa gioco gratis, mi basta anche una seconda o una terza categoria, purché si facciano le cose seriamente».

Nell'ultima stagione alla Nuova Casazza in Prima categoria (25 presenze) Claris ha attraversato l'ultimo quarto di secolo del calcio provinciale di casa nostra. Gli esordi a Leffe, dove ha fatto tutta la trafila del settore giovanile e il vice in prima squadra: «Ai tempi, fra gli altri, di Giovanni Cefis e Beppe Signori». Poi 23 stagioni dall'Eccellenza in giù con Gandino come ombelico di un mondo (14 anni, in tre spezzoni) dove ritornare dopo le esperienze con Fiorente Colognola, Virtus Petosino, Caprino, Brusaporto e Ardens Cene. In tutto fanno 504 gettoni di presenza (spareggi esclusi), sei promozioni, poca panchina e mille aneddoti.
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