Pinotti e il Giro d'Italia:
Sono in forma, voglio la crono

Sognando il Giro. È il titolo di un libro scritto a quattro mani, all'inizio del secolo, da Marco Pinotti con il giornalista olandese Gijs Zandbergen. Il titolo è didascalico: certifica il grande desiderio dell'allora giovane corridore osiense di partecipare al Giro d'Italia.

Sognando il Giro. È il titolo di un libro scritto a quattro mani, all'inizio del secolo, da Marco Pinotti con il giornalista olandese Gijs Zandbergen. Il titolo è didascalico: certifica il grande desiderio dell'allora giovane corridore osiense, a quei tempi non ancora ingegnere e nemmeno giornalista (come ogni anno, anche stavolta curerà la rubrica quotidiana su L'Eco di Bergamo, «Visto dal gruppo»), di partecipare al Giro d'Italia. «In quegli anni - spiega Pinotti - la mia squadra (la Lampre, nda) non mi faceva disputare il Giro d'Italia: all'inizio perché ero troppo giovane, poi perché preferivano che facessi il Tour. Sta di fatto che io il Giro potevo solamente sognarmelo. Un giorno, chiacchierando con Zandbergen, espressi questo mio desiderio e lui decise di dare spazio ai miei sfoghi in una serie di interviste che, successivamente, raccolse in un libro. Del quale, però, esiste soltanto un'edizione in lingua olandese». Nel 2005, sulla soglia dei trent'anni, la svolta, finalmente. Adieu Tour e finestra spalancata sul Giro d'Italia. «La squadra - dice Pinotti - era la Saunier Duval, diretta da Pietro Algeri e da suo figlio Marco, che era stato mio compagno di squadra e, prima ancora, compagno di scuola al liceo scientifico. Per me fu una festa, una piacevole scoperta giorno dopo giorno. Mio compagno di camera era il giovane svizzero Zaugg, quello che l'anno scorso ha vinto il Giro di Lombardia. Da lì in avanti il Giro d'Italia mi ha sempre visto presente: sette partecipazioni, tutte portate a termine tranne che nel 2011, a causa della caduta nella tappa di Macugnaga che mi ha provocato la frattura del bacino. Ogni Giro ha avuto i suoi lati positivi, che custodisco con gioia nello scrigno dei ricordi. Il più bello è stato quello del 2010, con il nono posto nella classifica finale. Nè posso dimenticare i quattro giorni in maglia rosa del 2007 e la vittoria nella tappa a cronometro conclusiva del 2008. Ma il migliore di tutti sarebbe potuto essere il Giro dell'anno scorso: un giorno in maglia rosa, il secondo posto nella tappa di San Pellegrino e, se non ci fosse stata la caduta di Macugnaga, la possibile vittoria nella tappa a cronometro dell'ultimo giorno». Pinotti si appresta ad affrontare il suo ottavo Giro d'Italia senza sentirsi sulle spalle né gli anni, che cominciano a essere tanti (36 compiuti a febbraio), né il logorio di una lunga carriera: è al quattordicesimo anno di professionismo.

«Correre in bicicletta mi diverte ancora e, finché il lavoro è un divertimento, non pesa. Amo andare alla ricerca di sensazioni nuove, in gara e fuori, e amo pormi nuovi obiettivi. Le sensazioni sono legate al fatto di essere passato quest'anno in uno squadrone come la Bmc (lo stesso di Evans e Gilbert, che tuttavia non saranno al Giro, nda). L'obiettivo spazia oltre il Giro: a fine luglio ci sono le Olimpiadi di Londra e dovrò dimostrare al ct Bettini di meritarmi la maglia azzurra. Mi piacerebbe disputare un'Olimpiade prima di smettere di correre». Quanto all'obiettivo immediato, il Giro appunto, Pinotti lo affronta nelle condizioni di forma e di spirito ideali. «Rispetto agli anni passati - osserva - ho disputato il Giro del Trentino come corsa a tappe di rifinitura, e non il Giro di Romandia, dove avrei certamente ottenuto un risultato migliore, viste le caratteristiche del percorso. Tuttavia il Trentino, con le durissime tappe di Punta Veleno e del Pordoi, mi ha sicuramente dato qualcosa di più per quanto riguarda la tenuta in salita. La salute è buona, il morale alto, sono sereno, ottimista, in pace con me stesso. Ergo, mi aspetto un buon Giro d'Italia. Personalmente penso di interpretarlo come due anni fa, sperando cioè di arrivare con una classifica dignitosa alla vigilia dell'ultima settimana e poi vedere il da farsi, in base a quello che mi suggeriranno le gambe: le mie e quelle dei miei avversari. Mi stuzzica, ovviamente, la crono milanese dell'ultimo giorno: lì, oltre che la specializzazione, conterà molto anche la condizione. Quanto alla squadra, non c'è l'uomo di classifica. L'obiettivo è di fare bene le prime tappe, quelle in Danimarca e la cronosquadre di Verona, ma molto dipenderà dalle condizioni di Hushovd, il nostro uomo di riferimento, il quale finora ha patito parecchi guai». Relativamente alle caratteristiche del percorso, Pinotti lo giudica severo, soprattutto nell'ultima settimana. «Ci sono sempre troppe montagne: per bilanciarle ci vorrebbero 150 km complessivi a cronometro, invece quelli individuali saranno solamente 30. Di favoriti si può ipotizzare una rosa, non ce n'è uno che si stagli sugli altri. Basso e Scarponi, gli italiani più gettonati, finora si sono visti poco: sono andati entrambi piano al Giro del Trentino e Basso non ha fatto granché al Giro di Romandia. Ma non escludo che si sia trattato di un percorso di avvicinamento ragionato e finalizzato al Giro. In salita quello che ho visto andare più forte è Pozzovivo: bisogna tenerne conto. E non escluderei nemmeno Cunego - assicura Marco -: negli ultimi anni le corse a tappe l'hanno regolarmente respinto, ma il campo dei partenti di questo Giro può autorizzarlo a sperare». Poi, come sempre, occhio ai corridori non italiani. «Gli stranieri non sono di primissimo piano. Frank Schleck - conclude Pinotti - s'è iscritto all'ultimo momento, non so quanto per volontà propria e quanto perché lo ha obbligato la squadra. Kreuziger e Rodriguez sono gli altri cui è giusto dare un po' di credito».

Ildo Serantoni

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