Dall'entusiasmo all'allarmismo
Ma le critiche sono eccessive

Abbiamo l'impressione che, parlando di questi giorni di Atalanta, ci si sia dimenticati delle sue dimensioni di club e squadra di provincia. La claudicante prova con il Chievo ha, infatti, dato il là a critiche o addirittura ad allarmismi, secondo noi eccessivi.

Abbiamo l'impressione che, parlando di questi giorni di Atalanta, ci si sia dimenticati delle sue dimensioni di club e squadra di provincia (intesa, comunque, nel senso più benevole del termine). La claudicante prova con il Chievo ha, infatti, dato il là a critiche o addirittura ad allarmismi, secondo noi, quanto meno eccessivi.

Di colpo sembrano essersi polverizzati i 24 punti legittimamente messi in cassaforte nelle 19 gare dell'andata. Terminasse il campionato adesso staremmo festeggiando in piazza l'evento, come accaduto, del resto, lo scorso maggio. Almeno da una flessione di forma, lungo un torneo, non sfugge nessuno, team blasonati compresi. Se i nerazzurri non fossero, ultimamente, incappati nella serie di risultati insoddisfacenti ci sbizzariremmo in entusiastiche tabelle alla rincorsa delle Coppe europee.

Trovarsi nell'attuale posizione lo riteniamo, invece, un lusso specie al ricordo della maggior parte di tornei da sofferenza vissuti nel passato. Al tempo stesso guai se chi di dovere non analizzasse a fondo le ragioni di un innegabile passo indietro di rendimento. 

Con un allenatore come Stefano Colantuono siamo in buone mani sempre che non ci si debba, tutto a un tratto, ricredere sulle sue capacità di gran condottiero unanimamente riconosciutegli da quando lavora a Zingonia. Anche la società è chiamata a dare un concreto apporto mediando, magari, sulle contrapposte correnti: quella, cioè, votata al pessimismo o quella al bando di qualsiasi preoccupazione.

Oltre a Colantuono svettano per esperienza professionale, nelle rispettive funzioni, il presidente Antonio Percassi e il direttore generale Pierpaolo Marino. Oppure, sulla validità di entrambi ci sarebbe da compiere un passo indietro? Siamo seri, per favore!

Arturo Zambaldo

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