Addio Bepi, uomo tutto d’un pezzo
Ma dal cuore tenero, tenero

Non ci si dava l’appuntamento ma incontrarlo a metà mattina in pieno centro cittadino era abituale. Questo fino ad un paio di settimane fa, giorno più giorno meno. Di lunedì allo scambio di saluti, sempre gioviali, seguivano commenti e valutazioni sulla gara disputata dall’Atalanta.

Non ci si dava l’appuntamento ma incontrarlo a metà mattina in pieno centro cittadino era abituale. Questo fino ad un paio di settimane fa, giorno più giorno meno. Di lunedì allo scambio di saluti, sempre gioviali, seguivano immancabilmente commenti e valutazioni sulla gara disputata la domenica dall’Atalanta.

Si perché per Bepi Casari, il portierone nerazzurro degli anni a cavallo tra il 1940 e il 1950, l’Atalanta rappresentava, dopo l’adorata famiglia, molto di più che una squadra di calcio per la quale tifare. Lo si capiva da come esponeva le considerazioni votate sì allo smisurato affetto ma al tempo stesso coniugate con critiche costruttive di spessore, figlie dei trascorsi da calciatore di grido. Il tutto, però, senza far pesare minimamente la specifica competenza in materia maturata, appunto, nel corso di una luminosa carriera.

Di Casari, inoltre, si era soliti apprezzare l’innata genuinità e versatilità. In altre parole riusciva, in pochi istanti, a instaurare pure con gli occasionali interlocutori, un rapporto straordinariamente aperto e schietto. Impossibile, insomma, non diventargli amico.

Naturalmente il suo piatto forte, in tema calcistico, era il comportamento sul terreno di gioco del portiere dell’Atalanta. Al riguardo non gli sfuggiva proprio nulla: esaltava gli interventi maiuscoli ma non sottaceva quelli sembrati non all’altezza della situazione. In tal modo, specie per noi, era un continuo e prezioso aggiornamento su qualità, eventuali progressi e possibilità future del numero uno nerazzurro di turno.

Chi, poi, lo ha conosciuto a fondo sa di dover rigorosamente evidenziare una sensibilità non comune, magari nascosta talvolta da quei suoi tratti fisici imponenti, compreso il caratteristico tono di voce (il rimbombante «mea» urlato tra i pali, durante le uscite, è passato addirittura alla storia). Casari si commosse, tanto da non aver trattenuto le lacrime nel dicembre 2010 ricevette, al Centro congressi Giovanni 23°, di Bergamo, il prestigioso premio Achille e Cesare Bortolotti, quale riconoscimento per i trascorsi nel club nerazzurro. Sì, carissimo Bepi, anche per questo vai ricordato: personaggio, cioè, tutto d’un pezzo ma dal cuore tenero, tenero!

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