Alpe, di nuovo insieme dopo 36 anni
Basket, la reunion di Chuck Jura and co.

Serata emozionante per il mondo del basket: l’inedita reunion dei giocatori dell’Alpe Sav. Nel 1983 ottennero la promozione nell’olimpo del basket nazionale.

Festival di indelebili ricordi e dense emozioni nel ritrovo dei protagonisti di quell’Alpe Sav che il marzo 1983 ottenne la promozione nell’olimpo del basket nazionale. Compagni di squadra che non si rivedevano da lustri con una voglia matta di rivivere per una serata la strepitosa impresa. A qualcuno (adesso dall’età media sui 60 anni) è scappata una lacrimuccia come a Flavione Carera fronte a fronte con Chuck Jura che non vedeva da un ventennio e più. «Avevo 19 anni – sono parole di Carera – e Chuck all’arrivo a Bergamo mi considerò subito un figlioccio. Mi disse che avrebbe fatto di me un giocatore da nazionale, e così fu».

Carlo Recalcati, coach del doppio salto (dalla B alla A1) di quella formazione non dimenticherà mai che «il debutto da allenatore avvenne proprio sulla panchina dell’Alpe. Fu il presidente Dante Signorelli a puntare dritto su di me e meno male che non tradii la sua fiducia». E a meritarsi l’etichetta da presidentissimo di rimando: «Lo devi al tuo spessore di uomo e di tecnico se hai certificato, bruciando le tappe, una carriera costellata da risultati straordinaria».

Franco Meneghel, principale artefice della serata amarcord svoltasi al ristorante dal Carlo (titolare, tanto per cambiare, il baskettaro Carlo Bertoletti) recitando la parte di ex capitano non ha scordato quando spesso e volentieri «copriva» il monnellaccio Carera verso Recalcati. «Flavio era solito arrivare agli allenamenti perché da super tifoso atalantino si attardava ad ammirare i giocatori nelle sedute di Zingonia. Ma Carlo non sempre la beveva e per punizione gli riduceva i minutaggi sul parquet la domenica».

E Jura? Niente atteggiamento da prima donna ma pronto alle battute e agli scherzi di una volta. Alla domanda di ciò che si porta dietro della permanenza nella nostra città ha esclamato «L’affetto delle migliaia di supporter che affollavano il palasport sempre pronti a scandire in maniera assordante il mio nome e cognome». E Chuck (denominato lo sceriffo del Nebraska, derivatogli dalla professione del padre negli States) puntuale nel ripagarli a suon di canestri!

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