Atalanta, serve giocar bene
se non si raccoglie niente?

L’Atalanta a Firenze ha giostrato bene ma ha raccolto il classico pugno di mosche in mano. O meglio ha incassato tre gol pur segnandone due. Siamo, decisamente, tra quelli che alle delizie del pallone e ai consensi di rito privilegiamo il risultato finale.

Tanto più che siamo da sempre dalla parte di chi pensa soprattutto a raggranellare punti salvezza. Ragion per cui il flop in Toscana ci amareggia perché siamo dall’idea che si sarebbe potuto evitare.

Onestà per onestà: la prestazione dell’undici di Vincenzo Montella non ha entusiasmato nessuno. Ecco allora che un’Atalanta, in palla allo stadio «Artemio Franchi», avrebbe dovuto rientrare a Bergamo con almeno la suddivisione della posta in palio. Ciò avrebbe reso pieno onore ai suoi migliori in campo: da Zappacosta a Gomez, da Sportiello al rivitalizzato Masiello (apparso subito in una condizione superlativa). Non così possiamo dire sul conto di Cigarini, Denis, Del Grosso e Benalouane. Bene, pure, l’approccio mentale alla sfida: in caso contrario la squadra non avrebbe iniziato affidandosi a una specie di applaudito e ordinato arrembaggio mantenuto, praticamente, sino all’intervallo. Non di pari passo confortante la ripresa ma disputata, comunque, su discreti livelli.

Ci si aspettava, magari, il ripetersi in qualche modo dell’acrobata Pinilla una volta inserito in corsa. Evidentemente ci sta rispolverare in tal senso il «non è sempre festa». Ricordiamoci di Boakye che in un fazzoletto di utilizzo ha firmato un altro dei suoi gol (quello del momentaneo pareggio). Il fieno che si poteva mettere in cascina avrebbe consentito alla squadra di affrontare nelle prossime due settimane, Inter ( domenica in casa) e Juventus (a Torino il venerdì successivo) con maggior tranquillità, così l’Atalanta dovrà rimboccarsi ancor più le maniche.

Arturo Zambaldo

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