Atalanta, si torni al dna di sempre
in attesa dell’auspicata svolta

Nel giro di un paio di mesi ecco la «mia» Atalanta di sempre. Con quella che per circa mezzo secolo mi ha puntualmente (o giù di lì) fatto concentrare sulle tabelle-salvezza.

La parentesi vissuta nel corso delle due ultime straordinarie stagioni è molto meglio collocarla altrove, quanto meno per adesso. Si torna obbligatoriamente a soffrire nonostante la convinzione di essere usciti dal mercato estivo di trovarsi di fronte ad un organico competitivo, addirittura in grado di battersi di nuovo per l’accesso all’Europa. Ma le sorprese nel calcio, si sa, sono spesso e volentieri dietro l’angolo. Fondamentale, adesso, è essere consapevoli: la classifica ci consegna una squadra sopra di un solo punto alla zona rossa. In altre parole interpretare il comportamento dello struzzo di turno può inesorabilmente portare a conseguenze senza vie d’uscita. Partiamo dal sintetico “salvezza in testa”, pronunciato senza alcuna esitazione dal condottiero Gian Piero Gasperini in conferenza stampa subito dopo il non annunciato Ko della Sampdoria. Un invito, quello del mister, rivolto privo di se e di ma all’intero intero ambiente. Sul copione, cioè, degli allenatori che negli anni, lo avevano preceduto sulla panchina nerazzurra. La nota positiva è che, disputate sin qui otto partite, ne restano addirittura trenta. C’è tempo, a patto che sopraggiunga la classica terapia d’urto. Che si stia giocando bene (lo sostengono in molti) non è sufficiente per consolarsi: in periodi grami bisogna chiudere gli occhi al buon calcio per privilegiare vittorie e in subordine pareggi. Una scelta, specie per i supporter nerazzurri di lungo corso, coniata nel dna da sempre.

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