Atalanta, urge terapia d’urto
per guarire dalla «malattia»

La malattia dell’Atalanta è sul punto di trasformarsi in cronica. Lo ha diagnosticato l’abulica prestazione di Roma contro una Lazio a sua volta spenta ma uscita dal campo vincente. L’invocata terapia d’urto tarda, evidentemente, ad essere somministrata. Nella serata della capitale non c’è stato reparto da assolvere.

Del resto se incassi un paio di gol e non ne segni puntare l’indice nei confronti di difensori e attaccanti (centrocampisti compresi) diventa sacrosanto. Pure Reja non è esente da responsabilità come del resto in maniera onesta non si è escluso, nelle dichiarazioni del dopo partita, dal gruppo. Oltre tre mesi di astinenza dal risultato pieno e i soli sei pareggi conseguiti da quel 6 dicembre (3-0 a Bergamo contro il Palermo) la dicono lunga-lunga.

A detta del direttore generale Umberto Marino il tecnico friulano non corre alcun rischio-esonero. La sensazione è che il futuro di Reja sia legato all’esito della sfida di domenica prossima col Bologna dell’ex Donadoni. A tenere a galla, sia pure in un periodo tanto problematico la squadra, è la classifica grazie comunque al cammino altrettanto claudicante di Verona, Carpi e Frosinone. Attenzione, però, che se ci si affida esclusivamente ai bonus gli stessi potrebbero esaurirsi strada facendo.

Siamo precipitati in una situazione nemmeno lontanamente prevista tre mesi or sono quando addirittura giocatori, dirigenza e tifosi pavoneggiavano, a buon diritto, nella parte sinistra della graduatoria. Di quel felice momento resta per fortuna il concreto ricordo dei ventiquattro punti blindati gelosamente in cassaforte che consentono, ancor oggi, di rimanere fuori da turbolenze irreversibili. Ma se si continua a scherzare con il fuoco...

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