L’Atalanta e il ritorno di Donadoni
Indelebili affetto e riconoscenza

Da bergamasco doc il suo legame con l’Atalanta è da considerare inossidabile. E non potrebbe essere diversamente visto che il cisanese Roberto Donadoni, 50 anni, tra i più importanti «figli» di Zingonia, deve la brillante carriera calcistica all’Atalanta.

Da bergamasco doc il suo legame con l’Atalanta è da considerare inossidabile. E non potrebbe essere diversamente visto che il cisanese Roberto Donadoni, 50 anni, tra i più importanti «figli» di Zingonia, deve la brillante carriera calcistica all’Atalanta.

In particolare deve ringraziare Nedo Sonetti, l’allenatore che lo accolse nella rosa della prima squadra, a soli diciotto anni. Ma i rapporti tra il sergente di ferro Nedo e il giovane fantasista non furono subito idilliaci. Più volte, infatti, Sonetti mise alla «frusta» il talento allora in erba, a suo dire, poco incline sotto l’aspetto del mordente o se si preferisce di quella cattiveria sportiva di cui lo stesso tecnico toscano rappresentava l’icona.

Una terapia, quella del sor Nedo, a conti fatti miracolosa al punto che Donadoni divenne il pezzo da novanta del mercato estivo 1986. Clamoroso, nella circostanza, il passaggio al Milan con il neo presidente Silvio Berlusconi a soffiarlo, in dirittura d’arrivo, alla Juventus che lo aveva, informalmente, prenotato un paio di mesi prima.

Proprio il passaggio di Donadoni al Milan fu la causa della brusca interruzione degli ottimi rapporti da tempo intercorsi tra il patron nerazzurro Achille Bortolotti e Giampiero Boniperti, deus ex macchina del sodalizio piemontese. La successiva graduale escalation di Donadoni - con la conquista di scudetti, coppe europee e internazionali in rossonero, in aggiunta ad un bel po’ di collezioni in maglia azzurra - rimane abbondantemente certificata sul «Panini» e su altri almanacchi. Parlando, invece, del Donadoni allenatore anche qui il suo curriculum, tuttora aperto, viene amplificato per la presenza sulla panchina dell’Italia.

Domenica, sempre, nelle vesti di mister lo ritroveremo da avversario su quel campo che gli portò tanta tanta fortuna, in ogni caso ampiamente meritata. Nonostante negli anni abbia calpestato i più famosi terreni di gioco di tutto il mondo per lui l’impatto con il nostro stadio non lo lascerà assolutamente indifferente. Anzi. Perché sensibilità e spirito di riconoscenza sono insiti nel suo dna. Poi, naturalmente, «al pronti via» dell’arbitro si immergerà nel ruolo professionale che doverosamente gli compete. Una cosa ci sentiamo, comunque, di garantire: il suo indelebile affetto e quant’altro nei confronti dell’Atalanta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA