Norma, la figlia di Gimondi
«Così voglio cambiare il ciclismo»

La figlia di Felice ha inoltrato il suo programma per la corsa alla presidenza della Federazione Ciclistica Italiana. Più peso ai comitati regionali, più forza ai team professionistici italiani.

Norma è scesa in pista con decisione. Non soltanto in pista, a dire il vero: anche in strada e fuori strada. La corsa alla presidenza della Federciclismo, nella quale si è lanciata come sfidante del capo attualmente in carica, Renato di Rocco, è una battaglia sportiva da combattere a tutto campo. In questi giorni a cavallo del Natale - dice la determinatissima figlia del grande Felice Gimondi - sono impegnata a tastare il polso in alcune regioni del Centro-Nord: Veneto, Friuli, Liguria, Toscana, oltre che Lombardia ovviamente. Ascolto, valuto, espongo, propongo. Dovunque si coglie un profondo desiderio di rinnovamento: basti pensare che nelle recenti elezioni dei comitati regionali sono cambiati i presidenti di Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli.

Il porto dove vuole andare a parare l’ avvocato Norma Gimondi è la conseguenza diretta del discorso che lei stessa ha appena introdotto: se si sta cambiando tanto in periferia, sembra dire, perché non potrebbe succedere anche nei palazzi romani? Nella domanda, tacita, Norma ha ben presente le enormi difficoltà che l’ obiettivo possa trasformarsi in un fatto concreto. L’ avversario da battere è un dirigente di indubbie capacita che, in più, ha dalla sua la perfetta conoscenza delle logiche del palazzo. Il programma che Norma ha inoltrato nelle scorse settimane, come previsto dall’ articolo 32 dello statuto federale, non è un’ opera omnia in cui farci stare tutto e il contrario di tutto. È un documento snello, ben articolato, in cui sono indicati obiettivi concreti, obiettivamente realizzabili. Il primo passo - spiega - è la riforma dello statuto, da realizzare mediante la convocazione di un’ assemblea straordinaria. Le priorità di questa riforma: la creazione di un consiglio di presidenza che oggi esiste soltanto sulla carta, perché all’ atto pratico decide tutto il presidente; la fissazione di un limite massimo di due mandati; l’ incompatibilità fra cariche nazionali e internazionali; la revisione della normativa dei comitati regionali che, attualmente, escludono regioni che non arrivano ai numeri previsti, vedi Molise; l’ ammissione al consiglio federale, come semplici uditori, di rappresentanti dei comitati regionali più grossi, come Lombardia, Veneto, Toscana. Infine, di fondamentale importanza è l’ introduzione di un federalismo fiscale che decentri parte delle risorse finanziarie raccolte nelle regioni più virtuose.

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