Percassi, cinque anni d’Atalanta
con risultati e conti a posto

2010-2015: un lustro di campionati, trascorsi da Antonio Percassi al vertice dell’Atalanta. Subito la promozione, poi, tre tornei in serie A con l’obiettivo-salvezza centrato senza il minimo affanno (per i nerazzurri equivale, ricordiamolo sempre, allo scudetto).

Quello in corso, sia pure non al livello dei precedenti, ci sta garantendo, con l’attuale quart’ultimo posto, un’altra permanenza. Risultati alla mano, la gestione Percassi è inappuntabile. Sì, anche, perché i conti si mantengono, come si suol dire, certificatamente a posto. Valore aggiunto del suo operato è l’immissione in ruolo di uno staff dirigenziale (Marino e Sartori in primis) da tempo osservati speciali di club che vanno per la maggiore.

E mettiamoci, infine, la scelta di Colantuono e il puntuale appoggio allo stesso tecnico specie nei momenti (ne sappiamo qualcosa anche adesso) di maggior difficoltà. Il binomio risultati agonistici- bilancio ad hoc, sostengono gli esperti in materia, non è semplice da manterenere in qualsiasi istante. Sta riuscendoci Percassi in virtù, riteniamo, dei trascorsi da giocatore di dignitosa carriera e da imprenditore di provato livello.

Parlando di numeri uno di sodalizi calcistici ci va di ricordare ciò che i predecessori di Percassi, gli indimenticabili Achille Bortolotti e Ivan Ruggeri, andavano ripetendo proprio a noi. Il primo diceva spesso che gli era « più problematico guidare gli 11 titolari dell’Atalanta che non i ben più numerosi dipendenti delle altre mie aziende».

Ruggeri, invece, sussurrava piuttosto amaramente: «Compito del presidente è solo quello di mettere le mani al portafogli, mentre i meriti, di solito, se li prendono l’allenatore e la squadra». Da qui una inevitabile domanda-riflessione. Riconoscimenti e complimenti, sicuramente, a Colantuono per i successi (record compresi) e a coloro che ha diretto dalla panchina, ma al presidente, che ne ha dato a tutti la ghiotta opportunità, nisba? Fate voi...

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