Udinese, il giudice sportivo respinge il ricorso: confermato il 6-2 per l’Atalanta

La società friulana aveva chiesto l’annullamento della partita del 9 gennaio scorso e la ripetizione della gara.

Ricorso respinto e risultato confermato, la partita non si rigioca. Questa la decisione del giudice sportivo sulla gara Udinese-Atalanta del 9 gennaio scorso, vinta dai nerazzurri 6-2. La società friulana aveva chiesto il riconoscimento della non regolarità della gara, l’annullamento del risultato e la conseguenziale ripetizione della gara in data da fissarsi «rilevando – si legge nel provvedimento del giudice sportivo, che ricostruisce le tappe del ricorso – che vedevasi ingiustamente negata la richiesta di rinvio della disputa dell’incontro pur permanendo, nel caso di specie, “l’asimmetria della preparazione alla gara conseguente alla validità e cogenza del provvedimento dell’Autorità sanitaria territoriale” e dunque una conclamata e inaccettabile situazione di ”non superabile squilibrio nel potenziale tecnico delle squadre contendenti, tale da non permettere di ritenere conforme alle regole il complessivo svolgimento della gara ed il risultato maturato sul campo”».

L’Atalanta, costituitasi in giudizio, ha controdedotto alle contestazioni della società friulana, «eccependo preliminarmente l’inammissibilità e/o improcedibilità in rito del gravame proposto – si legge ancora nel documento – e comunque riaffermando recisamente nel merito la regolarità della gara disputatasi, conformemente anche alle Regole vigenti del Giuoco del Calcio (in particolare Regola n.3)». Anche la Lega di Serie A è intervenuta in giudizio , con apposita memoria di costituzione, riepilogando l’evolversi della situazione in fatto e del quadro regolatorio, chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza dei motivi dedotti.

«L’infondatezza dei motivi dedotti col ricorso in trattazione - scrive il giudice sportivo - consente di prescindere dalle eccezioni di inammissibilità del gravame sollevate dalle parti resistenti. Né spetta a questo Organo di giustizia sportiva sindacare la correttezza dei provvedimenti organizzativi rilasciati (o eventualmente negati) dall’Ente associativo, con riguardo in particolare alla mancata concessione del rinvio della gara (sul quale, a differenza degli altri casi consimili, poteva escludersi fin da subito l’accordo della controparte sportiva, impegnata a breve in altro incontro ufficiale)».

«Ciò premesso – prosegue – deve dirsi che la gara in questione, omologata da questo Giudice, risulta essersi disputata, per quanto dal medesimo sindacabile, secondo i canoni della più completa regolarità , avuto riguardo anche alle prescrizioni minime delle Regole fondamentali del Giuoco del Calcio (in particolare la Regola 3) sul numero dei calciatori e la composizione delle squadre. La gara è stata poi regolarmente portata a termine, come da referto arbitrale del Direttore di gara designato. Né invero possono trovare ingresso, in senso inficiante della regolarità medesima della gara, considerazioni sul presunto squilibrio tecnico che sarebbe derivato dalla mancata preparazione o dalle assenze causa COVID (assenze che hanno afflitto di certo non solo la squadra reclamante).

«L’art. 48 delle N.O.I.F., invocato parimenti dalla reclamante – si legge ancora nel documento – nella parte in cui recita che “in tutte le gare dell’attività ufficiale è fatto obbligo alle società di schierare in campo le proprie squadre nella migliore formazione consentita dalla loro situazione tecnica” , è chiaramente norma rivolta a garantire la regolarità e la sportività delle competizioni, in disparte la posizione e gli interessi di classifica, e all’uopo introduce un chiaro “obbligo” di schierare la migliore formazione possibile sempre e comunque, che non può però tradursi, come invece vorrebbe la ricorrente, in un presunto ”diritto” a schierare la migliore formazione possibile, che nella specie sarebbe stato leso dalla ”imposizione” a giocare. Interpretazione che porterebbe alle conseguenze paradossali di poter contestare ogni gara disputata, anche a fronte di una sola assenza nella compagine di riferimento».

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