Vavassori: Bellini? Uomo già da giovane
Favini: «Lo abbraccio, esempio per tutti»

«Bellini? Lo ricordo uomo già da giovane». Chi più di Giovanni Vavassori conosce calcisticamente la bandiera atalantina, che domenica disputerà contro l’Udinese la sua ultima partita casalinga con la casacca nerazzurra?

L’ha allenata nel settore giovanile in due categorie (Allievi, con il ko nella finale tricolore 1996/97 contro il Napoli, e Primavera con la vittoria dello scudetto nel 1997/98 contro la Roma), in serie B e in serie A: Bellini ha esordito nella massima serie nel 2000/2001 proprio con il «Vava» in quell’Atalanta sbarazzina che stupì il calcio italiano.

Vavassori, classe 1952, è più giovane di tre mesi di Claudio Ranieri che ha appena trionfato con il Leicester in Premier League, ma il mister di Arcene, che non allena dalla fugace parentesi con il Pavia in Lega Pro del maggio 2015 (è subentrato alla vigilia dell’ultima giornata ed è stato eliminato nel primo turno dei playoff), non ha nessuna intenzione di rituffarsi nella mischia: «ho già dato». Parla però volentieri di Bellini, del giocatore cresciuto nel vivaio fin dai pulcini (lo scoprì a 9 anni il mitico maestro Raffaello Bonifaccio a Sarnico): «L’ho avuto dalla squadra allievi, era ancora un ragazzo, ma era già un uomo e la sua maturità è stata determinante per la sua crescita e per quanto ha dato per la maglia nerazzurra, la nostra maglia».

Vavassori non ha mai avuto dubbi sulla possibilità di Bellini di diventare professionista: «Ha sempre avuto una tecnica più che buona e l’essere abile a giocare sia con il piede destro, sia con il piede sinistro si è rivelato determinante per la sua carriera, considerato che ha potuto giocare indifferentemente, e a livello di serie A, sia come terzino destro, sia come terzino sinistro, anche se in Primavera giocava centrale in difesa con Natali perché a destra c’era Cristian Zenoni e a sinistra Regonesi. Ma al di là della maturità e della tecnica, Gianpaolo si è distinto per la sua intelligenza calcistica. Aveva, ha una dote rara, ovvero il saper prevedere quello che può succedere in ogni fase del gioco, così è sempre stato un passo avanti».

«La partita di Bellini che mi è più rimasta impressa? Quella di Coppa Italia contro la Roma all’Olimpico (nel 2000/2001, ndr), era la Roma di Capello, eppure lui giocò con grande tranquillità e personalità, senza lasciar trasparire nessuna emozione. E segnò anche. Personalità e, non dimentichiamo, professionalità che è il patrimonio fondamentale per giocare ai massimi livelli per lunghi anni. Una professionalità che ha consentito a Gianpaolo di avere sempre una grande costanza di rendimento. Secondo me avrebbe potuto avere una carriera ancora più importante se avesse lasciato l’Atalanta e si fosse confrontato con palcoscenici e ambienti nuovi e stimolanti. Sono sicuro che non avrebbe fallito. Ma al tempo stesso sono felice che sia rimasto all’Atalanta. Così ce lo siamo goduto noi».

Cosa vuole dire a Bellini? «Di continuare come ha iniziato la sua carriera, comportandosi sempre da uomo, così come l’ho conosciuto. Se lo farà, e non ho nessun dubbio in tal senso, penso che la sua seconda vita nel mondo del calcio potrà essere ancora più bella della prima a prescindere da quello che deciderà di fare».

Un personaggio molto legato a Bellini è naturalmente Mino Favini, ex responsabile del settore giovanile atalantino, ora a Como («Siamo in una fase di ricostruzione, ci vorranno anni di lavoro»), che è allineato sulle posizioni di Vavassori parlando del terzino di Sarnico: «Il mio ricordo di Bellini non può che essere quello di un ragazzo esemplare, sincero e cordiale. Ha sempre giocato con buonissimi risultati ed è stato, è inimitabile come capitano e come persona. Mi dispiace un po’ che smetta perché le partite in cui l’ho visto giocare in questo campionato le ha disputate bene, anche se capisco che a 36 anni è ora di pensare al futuro. Ho la consolazione che resterà nel mondo del calcio, non so se abbia cambiato idea, ma la sua idea era quella di iniziare dal settore giovanile. Potrebbe essere un esempio per tutti i ragazzi, così come lo è stato anche per noi dirigenti, ma potrebbe fare bene tutto. È una risorsa preziosa che la società non deve lasciarsi scappare».

«Cosa dire ancora di lui? Dedizione, volontà, intensità e correttezza l’hanno sempre contraddistinto. Non ho mai avuto dubbi sulla bontà della sua carriera perché ha sempre superato ogni ostacolo mantenendo un’elevata costanza di rendimento. Forse non ha mai giocato una partita da 9, ma le ha disputate tutte da 7, 7,5. Sì, sono d’accordo con Vavassori, avrebbe forse ottenuto di più se a un certo punto avesse cambiato squadra, ma in definitiva ha giocato sempre nell’Atalanta, nella sua squadra del cuore, e ha coronato un sogno».

«Un episodio significativo da raccontare? Non è direttamente legato a lui, ma dà l’idea in che contesto familiare sia cresciuto Gianpaolo, un contesto che ha favorito la sua crescita come uomo e come calciatore. Una volta venne a parlarmi il padre che mi disse: “A me non interessa che giochi bene a calcio, ma che sia un ragazzo corretto ed educato. Lo tranquillizzai perché era proprio così. Per molti genitori, purtroppo, conta solo la carriera del figlio...».

Anche Favini ha un pensiero diretto per Bellini: «Se fosse qui in questo momento lo abbraccerei, ricorderei con lui tutti i bei momenti che abbiamo vissuto insieme e lo ringrazierei a nome di tutti i tifosi, a nome di tutti quelli che vogliono bene all’Atalanta».

Marco Sanfilippo

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