Il primario positivo al virus:
«Ho temuto, attenti ai sintomi»

Gianluca Geroni, responsabile dei Pronto soccorso di Romano e Treviglio, è ricoverato nel suo ospedale: «Mi sono affidato alla professionalità dei colleghi».

Per mesi in «prima linea» nella lotta al virus accogliendo nei Pronto soccorso di Romano e Treviglio, dei quali quali è primario, i pazienti con sintomi da Covid. Lo stesso subdolo e invisibile nemico che il giorno di Santa Lucia, nonostante tutti gli accorgimenti presi, lo ha attaccato, costringendolo al ricovero nell’ospedale romanese. Il dottor Gianluca Geroni, 60 anni, con la voce ancora leggermente affaticata ha accettato di raccontare la sua esperienza di paziente dal letto della Medicina, trasformata in area Covid: «Ho iniziato la sera del 13 dicembre, quando ero di guardia al Pronto soccorso dell’ospedale di Romano, accusando d’un tratto febbre e dolori ossei e muscolari dappertutto. Il mattino dopo la temperatura è salita a 39, ho fatto il tampone rapido, risultato positivo, quindi quello molecolare e la radiografia al torace – spiega Geroni -, che hanno confermato la presenza del Covid. Sono rimasto in isolamento domiciliare iniziando la terapia antibiotica, manifestando però tosse in continuazione per quattro giorni, ma il 18 dicembre ecco l’aumento della febbre e le prime grandi difficoltà respiratorie e la consapevolezza della gravità della situazione».

A quel punto il primario si è presentato da solo al Pronto soccorso, sua «seconda casa», dove gli è stata diagnosticata una polmonite bilaterale da Covid: «Per cinque giorni ho iniziato le specifiche terapie e sono rimasto attaccato all’ossigeno giorno e notte – prosegue Geroni -, vivendo momenti di difficoltà e paura, poi fortunatamente il quadro clinico piano piano è migliorato: ora sono qui ancora degente ma migliorato, con l’ultimo tampone fatto oggi (ieri per chi legge, ndr) che purtroppo è risultato ancora positivo».

Il dottor Geroni ricorda la sensazione di impotenza nei confronti di un rischio al quale il personale sanitario è fortemente esposto: «Non sono né il primo né l’ultimo in campo sanitario che, nonostante le precauzioni adottate, sia stato infettato, e mi viene il magone pensando ai tanti miei colleghi che non hanno potuto raccontare quanto vissuto da paziente. Siamo di fronte a un virus subdolo che si presenta con disturbi tipici della classica influenza ma poi colpisce l’apparato respiratorio».

Cure e supporto morale

In questi nove mesi il dottor Geroni ha visto arrivare nei due Pronto soccorso tanti pazienti, anziani e giovani, diversi dei quali non ce l’hanno fatta: «Siamo stati nella baraonda dal 23 febbraio e ho visto parecchi pazienti, ai quali non solo abbiamo prestato cure, ma anche supporti morali. Ora mi sono trovato nella loro stessa condizione. A tutti dico che è sbagliato pensare di considerarsi immuni a questo virus, quindi di non sottostimare i primi sintomi e di non abbassare mai la guardia nel prendere precauzioni».

«Negano l’evidenza»

L’arrivo del vaccino anti – Covid è un primo passo per porre fine al devastante virus, anche se voci di negazionisti ancora si levano: «Sono persone che negano l’evidenza dei fatti, forse perchè non coinvolti direttamente – commenta-. Soprattutto nella prima fase di emergenza sanitaria ci capitava di assistere pazienti il cui quadro clinico precipitava irrimediabilmente in tempi rapidissimi, proprio a causa del virus».

Geroni ha accolto con gioia l’avvio della distribuzione del vaccino: «Ha lo scopo di interrompere questa catena di infezioni. Scienziati e aziende farmaceutiche hanno fatto un lavoro encomiabile, ancor più in così breve tempo: abbiamo eliminato malattie come la poliomielite e il vaiolo, ora sarà la volta del Covid».

Il primario ora si ritrova paziente, curato da medici e infermieri che ben conosce: «Fa un certo effetto essere assistiti da persone con le quali ero schierato fino a poco tempo prima. Mi sono affidato alla loro professionalità». Festività natalizie in ospedale da degente, e non in servizio come accaduto in passato, in attesa di rivedere i suoi due figli: «Con loro mi sono sentito con le videochiamate ma chiaramente non basta. È stato un Natale un po’ diverso e sottotono per tutti, ma ora penso solo al fatto che sto guarendo e ciò mi fa felice, l’anno prossimo torneremo a trascorrere le feste come eravamo abituati».

Il primario non dimenticherà certo questa negativa esperienza: «Ho avuto paura che la situazione si compromettesse nei primi giorni: i problemi respiratori si manifestavano anche solo alzandomi dal divano per andare a prendere un bicchiere d’acqua. Non nascondo di avere pensato in alcuni momenti al peggio, ma forte era anche la speranza di uscire sano da questo tunnel, come sta piano piano avvenendo

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