Violenza e lesioni sul treno
Senegalese condannato a 4 anni

Aveva già il foglio di via in mano al Car di Bari, un biglietto pronto per il rimpatrio, lui irregolare, senza fissa dimora. Ora però gli è arrivata sul collo una condanna a 4 anni per violenza sessuale e lesioni, effetto di quel pomeriggio. Febbraio dell’anno scorso, un lunedì come tanti, poco prima delle 13 sul treno Milano-Brescia.

Secondo l’accusa Cheikh Wagne, 41 enne senegalese senza fissa dimora, si siede vicino a lei, 22 enne di Coccaglio, sul sedile del vagone; le mostra una quarantina di orologi di marche di lusso (risultati poi contraffatti, da qui la denuncia anche per ricettazione e contraffazione), poi comincia ad allungare le mani sulle gambe di lei, che si alza di scatto, si allontana e cerca di scendere alla prima stazione, Treviglio centrale. Ma lui la segue, la blocca nello spazio davanti al bagno, la spinge contro la porta, stringendole il collo tra le mani. Lei si divincola, invoca l’aiuto del personale del treno che blocca l’uomo e alla stazione di Rovato lo consegna ai carabinieri di Chiari. Cheikh viene arrestato con l’accusa di tentata violenza sessuale, lesioni, ricettazione e contraffazione. Gli ultimi due capi d’imputazione non sono confluiti nel processo al termine del quale ieri il gup Lucia Graziosi in abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena) ha condannato a 4 anni Cheikh Wagne per violenza sessuale e lesioni, disponendo un risarcimento di 20 mila euro per la vittima, parte civile a processo.

La difesa del senegalese aveva tentato la via del patteggiamento prima di arrivare alla discussione dell’abbreviato, ma la proposta (che implica un accordo tra l’accusa e la difesa sulla pena, da sottoporre al vaglio del giudice) era stata rigettata perché inammissibile per il reato di violenza sessuale. Il senegalese però, già in sede d’interrogatorio, aveva contestato la versione della ragazza, negando qualsiasi tipo di contatto fisico e il tentativo di violenza.

«Non c’è alcun riscontro negli atti delle lesioni – sostiene l’avvocato difensore Vito Alagna di Padova –. La parte offesa aveva avuto una prognosi di 20 giorni sulla scorta della certificazione di un reflusso gastro-esofageo, ma non c’è traccia di lesioni da trauma esterno. Secondo la parte offesa, lei si sarebbe liberata dell’aggressore con calci e gomitate, ma il mio assistito è un uomo fisicamente imponente e non ci sono testimoni che riferiscono di urla nel corridoio del treno. Attendiamo le motivazioni (90 giorni, ndr), poi faremo appello».

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