«Al 31/12 tampone per il 28% degli italiani»
«Mascherine chirurgiche ok per sei ore»

«Al 31 dicembre abbiamo calcolato che il 28% della popolazione italiana potrà essere, ove sarà necessario, sottoposta a un tampone, quasi 1 italiano su 3».

«Faremo tante fotografie, non ci stancheremo mai di dire che il tampone non è un passaporto di immunità ma è una fotografia, una istantanea di un momento, ma facendo tante fotografie cercheremo di costruire una sceneggiatura che servirà molto a noi e ai nostri concittadini». Lo ha sottolineato, giovedì 4 giugno, il commissario straordinario all’emergenza, Domenico Arcuri, in conferenza stampa.

«Dall’inizio della crisi sono stati somministrati 39.500 tamponi al giorno, a maggio erano 61mila tamponi al giorno, noi c’eravamo posti obiettivo di far crescere questo numero fino a 84mila tamponi al giorno, ci sembrava un numero ragionevole considerando anche la flessione della curva dei contagi. Abbiamo superato questo numero e nei prossimi giorni sarà possibile effettuare fino a 89mila tamponi al giorno, più 47% rispetto al dato già rilevante dell’ultimo mese».

«Da oggi inizieremo la distribuzione che doterà gli istituti in cui ci saranno gli esami di maturità, manderemo direttamente negli istituti 5,2 milioni di mascherine, è indispensabile che i nostri ragazzi possano fare gli esami in sicurezza. Ci stiamo preparando per dotare tutte le nostre scuole delle mascherine necessarie alla riapertura di settembre».

«Il vaccino - sono sempre parole di Arcuri - non l’abbiamo ancora trovato e dobbiamo essere consapevoli che la crescita della mobilità moltiplica i contatti e potenzialmente le possibilità di contagio, questa è una evidenza statistica. In questa fase abbiamo il dovere di cercare ancora di più il virus, stanarlo, indebolirlo, riconoscerlo».

«Senza il lockdown il 3 giugno sarebbe stato un giorno come un altro, le nostre città sarebbero rimaste vuote e doloranti. Senza una consapevole gestione dell’emergenza il virus probabilmente si sarebbe esteso in tutto il Paese con la stessa profondità. Invece il 3 giugno non è stato un giorno come un altro, abbiamo riconquistato la nostra libertà che è un valore incommensurabile e ora dobbiamo preservarla, dipende da noi e dai nostri comportamenti».

«Ieri abbiamo riconquistato un’altra parte, l’ultima delle nostre libertà, dopo 84 giorni l’Italia si è ritrovata più unita e più libera. Questo non è un risultato piovuto dal cielo né una scelta irresponsabile ma il frutto dei sacrifici di tutti gli italiani, delle scelte del governo e delle capacità di applicarle».

«Le mascherine chirurgiche possono esser utilizzate anche per un uso prolungato da 2 a 6 ore ma non ci sono evidenze che ne garantiscano il riutilizzo in sicurezza e neppure il ricondizionamento». Per quelle di comunità «dipende dal materiale con cui sono realizzate» ma queste «non hanno potere filtrante, fungono solo da barriera». Così il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro, giovedì 4 giugno in audizione in Commissione d’inchiesta sui rifiuti. Rispetto allo studio in laboratorio che ha rilevato parti di virus nella parte interna delle mascherine dopo 7 giorni dalla contaminazione, Brusaferro ha specificato: «si tratta di uno studio scientifico in ambienti protetti, non è dunque immediatamente assimilabile a situazioni normali».

«La riutilizzabilità di materiali e dispositivi deve essere promossa per ridurre i rifiuti» e il ricondizionamento, ovvero la decontaminazione per un nuovo utilizzo, «deve consentire la inattivazione del virus ma anche il mantenimento delle caratteristiche dello strumento necessarie alla sua funzione». Trovare «questo giusto mix» è «una delle sfide tecnologiche ci attendono».

«L’igienizzazione accurata e frequente delle mani è un elemento essenziale della prevenzione del contagio», ha precisato Brusaferro. Tuttavia «in alcuni casi specifici è opportuno, in aggiunta a questo, utilizzare guanti monouso, al fine di ridurre il potenziale di contaminazione dei prodotti. Ad esempio, negli esercizi commerciali dove il consumatore può venire a contatto con gli alimenti», come negli ortofrutta.

Quanto alla trasmissione tramite gli alimenti o confezioni alimentari, «le evidenze mostrano che sia altamente improbabile», Comunque, per «circoscrivere questo tipo di rischio», le principali pratiche igieniche già in adozione per evitare la contaminazione degli alimenti da parte di microrganismi nocivi quando si maneggiano, preparano, trasformano, confezionano e imballano gli alimenti, «rappresentano un approccio idoneo anche nei confronti della diffusione del Sars-CoV-2».

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