«Al lavoro per capire quanti tamponi fare»
Ecco chi sarà sottoposto ai test al rientro

Prime ipotesi su test sierologici e tamponi per il rientro dei lavoratori nella Fase 2. Giupponi (Ats): serve il confronto con le parti sociali.

Tra i 12mila e i 13mila al giorno. «Sono i tamponi che riusciamo a processare» spiega l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera. In Lombardia. Quanti ne servano nella Bergamasca, non è ancora dato sapere. «Stiamo lavorando per potenziare la rete» ribadisce il direttore generale dell’Ats, Massimo Giupponi. Anche perché ora come ora quelli «che svolgiamo come Ats sono 350 al giorno». Non bastano e non possono bastare, sia alla luce della circolare della Regione che stabilisce l’obbligo del tampone per chi si trova in isolamento fiduciario volontario come conditio sine qua non per tornare al lavoro, che della situazione d’incertezza complessiva. Per usare un eufemismo.

Premessa: di tamponi per chi ha sintomi «simil-influenzale senza evidenza di contatto» non se ne fanno prima della scadenza del periodo di sorveglianza con sintomatologia assente per almeno 14 giorni. Idem per i contatti «di caso», accertato o sospetto, sintomatici. Si fa tutto solo dopo, su richiesta del medico e con l’obiettivo precipuo della «riammissione in collettività lavorativa» come recita la circolare della Regione.

«Rete da potenziare»

Per questo Giupponi lega il numero degli esami - «C’è da potenziare sia i tamponi che organizzare la rete per i test sierologici», spiega - alle aziende «che devono riaprire prima». In sostanza «sulla base del numero di addetti malati si andrà ad individuare quale sarà il numero di tamponi o test che dovrà essere effettuato. Quello è l’obiettivo alla quale la rete provinciale deve tendere».

Rete che coinvolgerà «assolutamente anche i terminali privati. Del resto se in Lombardia siano passati da 3 a 42 laboratori coinvolti è stato anche per questa apertura». Necessaria, verrebbe da dire. Anche perché «i tamponi delle aziende ospedaliere sono quasi esclusivamente fatti per i propri dipendenti, i pazienti ospitati e quelli che devono fare il doppio esame dopo la quarantena» rileva il direttore dell’Ats. Come dire che, su questo versante, margini di crescita non sembrano esserci.

Fermo restando, come sottolineato da Gallera che «la patente di immunizzazione, che è quella che i cittadini chiedono, deve essere governata dal sistema pubblico». A maggior ragione per i test sierologici: «Io auspicherei le stesse modalità usate per i tamponi rinofaringei, cioè che i laboratori possano farlo solo nelle misure di salute pubblica».

I test sierologici, prime ipotesi

Giupponi reputa fondamentale il «confronto con le associazioni, le parti sociali, la Prefettura per avere dei numeri precisi». E venerdì 17 aprile il prefetto Enrico Ricci ha coordinato una serie di riunioni «sui controlli alle aziende che hanno aperto o possono aprire, sulla scorta di quanto stabilito dal ministero dell’Interno, ma anche su quelli di polizia e sulle attività sociali dei Comuni, realtà in prima linea in questo momento» spiega.

«Non c’è stato un tema in particolare, una serie di incontri generali per fare il punto». Probabilmente l’obiettivo verrà meglio definito nei prossimi giorni, anche sul versante dei test sierologici dove «la priorità sarà per i sanitari e poi per chi opera a contatto con la gente. Ma è un tema ancora tutto da sviluppare». Dal quale probabilmente arriveranno i numeri attesi da Giupponi, o almeno un ordine di grandezza.

Nell’attesa, la sola certezza è che i medici di base non sanno ancora dove mandare quei pazienti in isolamento fiduciario che attendono il tampone per poter tornare al lavoro. «Trovo assurdo che nelle nuove direttive inviate ai medici non ci siano indicazioni precise, puntuali e chiare» denuncia il consigliere regionale Nicolò Carretta (Lombardi Civici Europeisti). Né sui tamponi né sui criteri di isolamento domiciliare.

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