Alimentazione: rivoluzione in 5 anni
Diete su misura con algoritmi e Dna

Diete «preistoriche», con pochi grassi o carboidrati, o a base di «digiuni intermittenti» come la «fast diet» che sembra essere l’ultima moda di Hollywood entro breve tempo lasceranno il passo a un approccio decisamente più «personale», basato dall’elaborazione di tutti i dati del singolo individuo a partire dal suo Dna.

Ne sono convinti gli esperti dell’università di Austin, nel Texas, autori di un report sul tema pubblicato dalla rivista Obesity. «Penso che in cinque anni vedremo le persone usare una combinazione di dati genetici, comportamentali e di altro tipo per sviluppare piani di management del peso individualizzati - spiega Molly Bray, autrice del rapporto -. Per ora siamo bravi a far perdere peso ai pazienti sul breve periodo ma sul lungo termine le statistiche sono deludenti. È il momento di trovare il modo di usare tutti i dati per risultati migliori».

Diverse ricerche, ricorda il rapporto, hanno mostrato che circa metà delle variazioni nell’indice di massa corporea delle persone possono essere attribuite a fattori genetici, mentre il resto dipende da situazioni ambientali come la dieta e l’esercizio. Ad esempio, spiega Bray, a seconda del genoma l’esercizio può essere più o meno efficace per ridurre il peso corporeo. «Quando le persone sentono che i geni possono avere un ruolo nel loro eventuale successo nel perdere peso non pensano “allora non farò più esercizio”, ma “finalmente qualcuno si è accorto che per me è più difficile che per gli altri”. E penso che questo possa fornire una spinta in più per il cambiamento».

Uno studio israeliano su 800 persone pubblicato dalla rivista Cell, ricorda la ricerca, ha dimostrato che uno stesso pasto viene metabolizzato in maniera diversa. Diversi studi hanno invece legato particolari variazioni nel Dna ad una maggiore o minore propensione a mangiare in modo sregolato, e anche il microbioma intestinale è stato identificato come uno dei fattori che giocano un ruolo nel mantenimento del peso.

In futuro, afferma quindi Bray, i pazienti potrebbero unire ai dati sul Dna ricavati da un campione di saliva a quelli ottenuti dai sensori indossabili che registrano attività fisica e livelli di stress. Un algoritmo potrebbe poi elaborare le informazioni fornendo raccomandazioni specifiche per raggiungere l’obiettivo. «Ovviamente la prevenzione sarebbe l’approccio migliore - conclude l’esperta -, ma ci sono milioni di persone obese che hanno bisogno di nuove strategie».

Pier David Malloni

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