Basso e veloce: i misteri del volo caduto
Confronto con i tracciati dei giorni precedenti

Il 737 precipitato in Etiopia non ha preso quota oltre i 300 metri, e si è schiantato a più di 700 orari. Il confronto con i primi minuti della stessa rotta di altri giorni mostra differenze notevolissime di altezza e velocità.

L’aeroporto Bole di Addis Abeba, Etiopia, ha la pista posizionata a 2.334 metri di altezza sul livello del mare. L’ultima altitudine rilevata del Boeing 737 Max 8 «targato» ET-AVJ, a bordo del quale hanno perso la vita i tre volontari della Onlus bergamasca Africa Tremila, era di 2.621 metri. Nemmeno 300 metri in più del livello della pista, che l’aereo aveva lasciato sei minuti prima dello schianto.

Nessuno può dire con certezza cosa sia accaduto. Quale sia la causa, o quali siano le cause, concatenate, che hanno prodotto questa tragedia aerea, apparentemente inspiegabile. Un aereo supermoderno, con soli 4 mesi di servizio, non cade per carenza di manutenzione. Nemmeno in Africa, dove l’immaginario collettivo - e non solo quello - colloca il peggio dell’aviazione. Ma non è il caso di Ethiopian, compagnia moderna, efficiente, con una flotta «giovane». Non certo un marchio da «lista nera», tutt’altro. Dunque nessuno, che non siano le autorità che indagheranno, potrà dire con esattezza perché è accaduto. Però, qualsiasi volo sul quale saliamo è monitorato in tempo reale. E i dati a disposizione sulle rotte ET302, la Addis Abeba-Nairobi dell’incidente, dicono che qualcosa, o forse più, non ha funzionato.


I minuti della tragedia

Innanzitutto, ripercorriamo i minuti trascorsi in aria dal 737 poi schiantatosi nelle campagne a una manciata di chilometri da Addis Abeba. Il volo è previsto dalle tabelle orarie alle 8,15, le 6,15 in italia. Parte in leggero ritardo: viene rilevato a fondo pista alle 8,35. Lo vedete qui a fianco, nel primo degli «screenshot» presi da «flightradar24», il sito che monitora i voli di tutto il pianeta. L’aereo decolla e la linea del suo tracciato resta bianca, come se fosse ancora all’altezza del suolo. Nel momento in cui diventa verde, lo vedete, il 737 viene rilevato a 2.446 metri, con una velocità che è già di 463 km orari. 2.446 metri, col suolo che è a 2.334, significano 112 metri di altitudine: nulla. Il problema è che i due minuti che seguono non fanno che segnare una quota di fatto stabile (2.484, 2.385, 2.355, 2.385, 2.621 l’ultima), ma una velocità in rapido aumento: 463, 492, 555, 613, 663, 698, fino ai 709 km orari rilevati prima dello schianto. Questi i fatti. Come interpretarli? Tutto farebbe pensare a un tentativo «disperato» del pilota di prendere quota, senza riuscirvi. Ma quello che vediamo nelle foto dall’Etiopia (una voragine, con resti dell’aereo ovunque e di piccole dimensioni) «concorda» con questi dati: l’aereo si è disintegrato a terra per la velocità. Non è stato un tentativo di atterraggio finito male, che in genere lascia integre parti di fusoliera. Di quel 737, invece, non è rimasto più nulla.

Gli altri voli: le differenze

Per confrontare i dati e rilevare le anomalie, prendiamo ad esempio il volo ET302 del 5 marzo scorso, effettuato dallo stesso tipo di aeromobile, il 737 Max 8. Lo vedete nel fotogramma di mezzo. Confrontate la linea con la mappa sottostante: vedete come la rotta diventa verde molto prima, all’altezza dell’arteria stradale che, proprio lì sotto, compie un’ampia curva. A quel punto il 737 volava a 2.408 metri di altezza, e viaggiava a «soli» 361 orari. Nel momento in cui comincia la virata, vola a 2.728 metri (282 più del 737 precipitato) e molto più lentamente: 388 contro 463 km orari. E si consideri che il volo precipitato era quasi pieno, dunque non è plausibile che la velocità superiore sia dovuta alla «leggerezza» dell’aeromobile, che in quel caso avrebbe guadagnato certamente quota molto più che velocità. Il 737 del 5 marzo in quel punto comincia la sua virata verso sud, e verso la «linea» che lo conduce a Nairobi, e raggiunge i 700 orari a 4.869 metri. Più di 2.200 metri «oltre» l’aereo della disgrazia, e li raggiunge dopo 8 minuti di volo. Le differenze non spiegano perché è caduto, ma certificano che un problema di altitudine e velocità c’è stato. I forum dei piloti friggono, in queste ore: c’è chi ipotizza che i sensori dell’aereo abbiano abbassato il muso per evitare uno stallo che non c’era, e questo abbia favorito l’accelerazione del 737, col comandante che avrebbe tentato di «contrastare» manualmente la tecnologia, purtroppo inutilmente. L’ipotesi, a prima vista, sta in piedi.

I dati del 787 che ha volato ieri
Dopo la tragedia, lo stesso volo è stato effettuato da un aeromobile più grande, il 787 dreamliner. Dimensioni diverse ma dati simili a quelli del secondo fotogramma: virata dopo 3 minuti dal decollo a quota 2.758 metri, velocità 405 orari. Virata nello stesso punto del 737 del 5 marzo. E anche gli altri voli, «disegnano» la stessa rotta. Quella che il 737 della tragedia non è mai riuscito a compiere, né per Nairobi, né, purtroppo, per mettersi al sicuro sulla pista di Addis Abeba

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