Bimba portata dal padre in Tunisia
«Odiava la moglie»,il dramma della madre

Forse è in Tunisia col papà, Yassine Bahri, forse è altrove, forse da sola, forse con persone che non conosceva, parenti del padre, amici di famiglia.

A quasi tre anni da domenica 19 aprile 2015, quando Laura Rota si rivolse ai carabinieri per denunciare la scomparsa della figlioletta (che oggi ha cinque anni e ne aveva due all’epoca dei fatti), scoprendo che era in viaggio col padre su un traghetto per la Tunisia, dove sia la bambina resta una domanda senza risposta. Non lo sa mamma Laura, che da allora non ha smesso di cercarla, non lo sanno le autorità italiane, non lo sa il tribunale di Bergamo, che nel novembre scorso ha condannato Yassine Bahri a 4 anni per sottrazione di minore, sospendendone la potestà genitoriale per otto. In aula, il pm aveva chiesto la condanna a 7 anni e mezzo.

Il tunisino «evidentemente ha agito in odio alla compagna più che mosso dall’amore paterno», si legge nelle motivazioni della sentenza emessa dal collegio dei giudici. Yassine Bahri rispondeva di sottrazione e trattenimento di minore all’estero e sequestro di minore aggravato dall’avere commesso il fatto in danno di una discendente e di una minore di quattordici anni, condotta e trattenuta all’estero.

Ma se i fatti sono drammaticamente chiari, la vicenda processuale non lo è altrettanto, considerando che lo stesso legale difensore del padre non ha mai visto il tunisino. E quindi: si può processare in Italia un uomo che non sa di essere imputato, visto che lui lascia l’Italia il 19 aprile e solo mesi dopo viene raggiunto da ordinanza di custodia cautelare e dallo status di latitante? Purtroppo resta aperta la questione fondamentale: dov’è la piccola?

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