Bossetti, i consulenti informatici sui pc
«Contenuti hard, ma non pedoporno»

Mattinata di controesame per i due consulenti informatici dei Carabinieri: il sottotenente Giuseppe Specchio e il maresciallo Rudi D’Aguanno del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche di Roma (Racis) parlano ancora di «copioso materiale pornografico».

Materiale inteso come tracce di navigazione su siti a luci rosse (alcune non databili) sia attraverso il pc desktop (nel quale è stata rilevata anche una «assenza di attività nel periodo a cavallo della scomparsa di Yara») sia con il notebook con l’unico profilo utente attivo, chiamato «Massimo».

Se per l’accusa il materiale informatico costituisce di per sé un indizio a carico del muratore di Mapello, per la difesa no. I due consulenti informatici nella mattinata di venerdì 4 marzo hanno parlato delle fotografie recuperate dai cellulari, i computer e la macchina fotografica della famiglia, dicendo che «le foto sono riguardano solo la famiglia di Bossetti».

Più complessi i dati dei pc: qui sono stati rintracciati contenuti (cosa diversa dalle ricerche, ndr) pornografici, ma non pedopornografici, secondo quando dichiarato dai consulenti. L’accusa ha invece puntato il dito su ricerche con parole chiave riconducibili anche a materiale pedopornografico.

L’avvocato della difesa Stefano Camporini ha allora approfondito come avvengono le ricerche in Google, con i consulenti che hanno spiegato come opera il motore di ricerca. In sostanza, in base a quanto viene digitato e allo stile della digitazione Google dà suggerimenti, «ma non suggerisce materiale pedopornografico se non viene effettivamente digitato dall’utente».

Nella precedente udienza, l’accusa aveva puntato il dito sulle ricerche su Google con parole chiave come «ragazze vergini rosse» e i termini «ragazzine» e «ragazze vergini rosse» accostati a dettagli di natura sessuale, effettuate da quei pc, un fisso Acer Aspire (dal 2002 al 2009) e un portatile di marca Toshiba (dal 2010 al 2014). Testimonierebbero, per gli inquirenti, un presunto interesse sessuale dell’utilizzatore per le teenager, come le diverse ricerche con parola chiave «verginità». Un presunto interesse che – nella visione accusatoria – potrebbe celare il movente del delitto. C’è poi una traccia, scovata in un angolo latente della memoria del Toshiba, ancor più suggestiva: rimanda a una pagina web, generata da una precedente ricerca che recitava «ragazzine rosse tredicenni per sesso». Tredici anni: la stessa età che aveva Yara quando fu uccisa.

Nella precedente udienza gli ingegneri informatici Daniele Apostoli e Nicola Mazzini, consulenti del pm, avevano parlato anche di aver rintracciato anche un’attività di pulizia del computer tramite l’esecuzione del software C Cleaner da un dispositivo esterno (hard disk o chiavetta) e tracce di navigazione privata. Hanno individuato anche navigazione su siti di news, una di queste relativa a un articolo de Il Mattino di Padova: «Violenza sessuale su una minore, uomo agli arresti domiciliari». Ma sono stati rinvenuti altri elementi suggestivi, come la navigazione sul contenuto «come rimorchiare una ragazza in palestra».

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