Yara, la consulente della difesa
«Sui vestiti 7 peli non di Bossetti»

Nell’udienza di mercoledì 3 febbraio le deposizioni dei genetisti. In aula per primo Giorgio Portera, consulente della parte civile della famiglia di Yara Gambirasio: ha spiegato come si arrivò a stabilire che Ignoto 1, che successive indagini stabilirono essere Massimo Bossetti, era figlio naturale dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999. Poi in aula anche la genetista Sarah Gino e il biologo Maurizio Capra, consulenti della difesa.

Ad avviso del consulente dalla difesa Marzio Capra il fatto che non corrisponda il Dna nucleare di Massimo Bossetti con nessuno dei dna mitocondriali trovati sul corpo di Yara «non ha nessuna giustificazione scientifica». Marzio Capra, tra le altre cose, ha affermato a proposito del Dna nucleare che è stato attribuito a Bossetti che si tratta di «un pezzo di Dna e non di una traccia forense». Il biologo sta ripercorrendo quelle che a suo avviso sono le «anomalie» che si sarebbero verificate durante l’indagine scientifica. Per esempio, gli 11 dna scoperti sui resti della ragazzina: quelli di 7 peli che non appartengono a Bossetti, i due trovati su un guanto, quello dell’insegnante di ginnastica sul giubbotto e un dna mitocondriale che non è stato possibile affermare a chi appartenga nella traccia mista al centro del dibattito. Secondo Capra non sono stati approfonditi abbastanza.

La genetista Sarah Gino, anche lei consulente della difesa, ha invece cominciato la sua deposizione valorizzando la presenza sugli indumenti che Yara Gambirasio indossava quando fu trovata uccisa di sette peli che non appartengono né alla vittima né al muratore di Mapello, unico imputato per l’omicidio della tredicenne. Un risultato, questo, a cui si giunse mediante l’analisi del Dna mitocondriale. La genetista ha ricordato come, dalle stesse indagini eseguite dagli esperti di Pavia, consulenti della Procura, era emerso che sul corpo della ragazza non erano state trovate formazioni pilifere riconducibili a Bossetti. Alcuni dei peli che sono risultati non appartenere né all’imputato né alla vittima furono trovati nella felpa della ragazza e, di conseguenza, per l’esperta, «non vi è stata contaminazione» sulla scena del crimine. Sarah Gino ha deposto unitamente all’altro consulente dalla difesa, il biologo Marzio Capra, già impegnato in numerosi casi, tra cui l’omicidio di Chiara Poggi.

Prima di Sarah Gino ha deposto in aula Giorgio Portera, che ha ricordato come i dati ricevuti dalla Procura di Bergamo stabilissero una compatibilità tra la traccia di dna di Ignoto 1 e il dna di Guerinoni pari al 99,87%. «Facemmo un esperimento di laboratorio - ha detto il genetista - e stabilimmo che, con questa percentuale potevamo trovarci in presenza di una compatibilità casuale». Da qui la richiesta di riesumazione della salma di Guerinoni e successivi accertamenti che portarono ad una compatibilità del dna pari a 99,99% e la conclusione di essere arrivati ad una «paternità certa».

Per il genetista Giorgio Portera, «in nessun caso il dna mitocondriale può avere valore identificativo». L’esperto lo ha detto nella sua deposizione nel processo per l’omicidio di Yara Gambirasio alla quale seguirà il controesame degli avvocati dell’unico imputato Massimo Bossetti. I difensori hanno più volte insistito sulla mancata corrispondenza tra il dna nucleare, che gli accertamenti hanno stabilito essere di Bossetti, e quello mitocondriale che invece non è del muratore di Mapello.

Portera ha ricordato come l’analisi del dna nucleare avvenne all’inizio del 2011 mentre quello sul mitocondriale nel novembre-dicembre dello stesso anno. In quel periodo di tempo, secondo l’esperto, «potrebbe essere avvenuta qualsiasi cosa» in termini di variazione e quindi «sarebbero troppe le variabili». Il consulente ha concluso dicendo di riconoscersi totalmente negli accertamenti eseguiti dal Ris in ordine all’analisi del dna di Ignoto 1 e della sua compatibilità con quello di Giuseppe Gerinoni, l’autista morto nel 1999.

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