Bossetti, i legali: è un testone, un crucco
«Con Yara esistenze parallele: mai visti»

Di nuovo in aula per il caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. In Tribunale a Bergamo Massimo Bossetti e la parola è ancora per la difesa del muratore di Mapello.

In aula anche la moglie Marita Comi, Massimo Bossetti è entrato e come sempre si è seduto al suo posto. Indossava una maglia a righe.

Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini stanno proseguendo le loro arringhe cercando di smontare pezzo per pezzo il castello accusatorio illustrato dal pubblico ministero Letizia Ruggeri che ha chiesto l’ergastolo dopo 13 ore di requisito. La difesa ha ripercorso le varie udienze, sottolineando le testimonianze chiave: «Nessuno ha visto Bossetti, o Yara con Bossetti, nessuno ha visto Yara salire sul furgone» hanno sottolineato. In particolare i due avvocati hanno ricordato alla Corte la testimonianza di una ragazza, fisioterapista alla palestra, che nella stessa serata della scomparsa di Yara era stata importunata, sempre a Brembate e sempre in palestra, così come il racconto del ragazzo che aveva notato un furgone bianco e due uomini nella zona della scomparsa della giovane.

In sostanza: «Nessuno ha visto la minore fuori dal centro sportivo; nessuno ha visto l’imputato e nessuno ha visto il mezzo dell’imputato». Nello specifico l’avvocato Paolo Camporini ha fatto riferimento a testi «attenti» che riferirono di quel 26 novembre del 2010 quando Yara scomparve per essere trovata uccisa tre mesi dopo in un campo. Camporini ha anche ricordato della fisioterapista che lavorava nel centro sportivo quel pomeriggio fu molestata da un uomo. «In un processo normale questo ne farebbe l’indiziato numero uno - ha argomentato il legale -: c’è stato detto che sono state fatte indagini, ma non possiamo accontentarci di questo».

Il legale ha ribadito che quelle della vittima e dell’imputato erano «esistenze parallele»: «Massimo Bossetti, fin dall’inizio, ha scelto la strada della sincerità: avrebbe potuto dire che si conoscevano e, quindi, che il dna poteva derivare da un contatto e invece è un testone, bergamasco, un crucco: non l’ha mai vista né conosciuta».

Dura l’accusa nei confronti del colonnello Giampietro Lago, comandante dei Ris, contestando le analisi sui tessuti dei leggins e sugli indumenti di Yara: «Si tratta di un’indagine tutta da riscrivere» ha sottolineato più volte Camporini. E ancora: «Massimo Bossetti è stato rivoltato come un calzino: mai trovata traccia di sangue di Yara, ma nulla che possa collegarlo alla ragazza».

Nell’ultima udienza Salvagni e Camporini hanno cercato di mettere in discussione le conclusioni del consulente medico legale del pm, la professoressa Cristina Cattaneo, su ora e luogo del decesso e sulla permanenza nel campo di Chignolo d’Isola del corpo della povera Yara.

Secondo l’esperto incaricato dalla Procura, si può concludere che Yara sia morta poche ore dopo la sua scomparsa (lo dicono gli esami sul contenuto gastrico), che il decesso sia avvenuto nel campo di Chignolo (Yara stringeva in pugno alcuni steli di vegetazione, gesto riconducibile a uno spasmo agonico) e che il corpo sia rimasto sempre lì fino al ritrovamento (lo suggeriscono le indagini botaniche ed entomologiche).

Secondo i difensori di Bossetti, invece, le risultanze autoptiche non consentono di affermare che il decesso sia avvenuto proprio quella sera, e neppure di escludere che Yara sia stata tenuta in un altro luogo e poi abbandonata a Chignolo successivamente. I legali del muratore accusato dell’omicidio hanno cercato di smontare anche l’indizio costituito dai filmati delle telecamere nella zona del centro sportivo. Per gli avvocati, sulla scorta dei calcoli del loro consulente, il criminologo Ezio Denti, l’autocarro inquadrato non sarebbe quello di Bossetti, come invece sostiene la Procura, e comunque non tornerebbero gli orari, così come ricostruiti dalla pubblica accusa.

Oltre a questa udienza, ne è prevista una venerdì 17 giugno, per le repliche delle parti. Venerdì 1 luglio la camera di consiglio e il verdetto. Il processo di primo grado dovrebbe chiudersi quindi con un totale di 45 udienze. Appare scontato che, qualunque sarà il verdetto, la parte soccombente farà ricorso. Si tratta quindi di un procedimento destinato a proseguire in Appello e in Cassazione.

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