Burioni: valido solo test che cerca genoma
«Il calo dei contagi? Un segno tenue»

«Al momento l’unico test che serve nella lotta al coronavirus è quello che si fa cercando il genoma virale nei secreti respiratori, mentre quello che cerca gli anticorpi potrà essere utile più avanti per capire, ad esempio, se una persona guarita può reinfettarsi o se invece rimane immune come per il morbillo». Lo afferma il virologo Roberto Burioni commentando le diverse notizie su nuovi test emerse in queste ore.

«Ora abbiamo a disposizione solo questo tipo di test, che dà la risposta in qualche ora e può essere fatto da laboratori specializzati, non ce ne sono altri di dimostrata efficacia - sottolinea Burioni -. In futuro, ma si sta già lavorando a questo, ci sarà quello che invece di cercare il virus ne cerca gli anticorpi, di cui ha parlato anche il premier britannico, che non è ancora pronto anche se non penso ci vorrà molto.

Quello adesso serve a poco, ma a breve sarà molto importante per capire se chi è stato infettato non può più riammalarsi, come avviene per il morbillo, o se ha una protezione almeno temporanea. Per quanto riguarda a chi fare il test invece, un’altra questione che ha suscitato polemiche, in questo momento secondo me andrebbero fatti a chi è guarito, per capire se veramente non è più infettivo e può quindi interrompere l’isolamento».

Roberto Burioni commenta anche i dati di domenica 22 marzo, in lieve calo: «Non devono rasserenarci. Dobbiamo pensare alla grandissima maggioranza degli italiani che ha fatto il loro dovere – dice Burioni -. Non ai pochi che trasgrediscono. È un segno molto tenue ma ci autorizza a pensare che tutti i sacrifici che stiamo facendo sono utili. Ma ci invita anche a essere ancora più rigorosi: se molliamo minimamente, sono guai grossi. Viviamo in una situazione molto frustrante: vediamo i risultati dei nostri comportamenti tra 14-20 giorni. I dati che ci hanno terrorizzato erano dovuti a quella settimana sprovveduta».

Roberto Burioni fa anche un’analisi qualitativa dei dati: «Vorrei dire di non guardare con particolare attenzione al numero di contagi: è probabilmente molto sottostimato. Io da medico seguo telefonicamente almeno una ventina di persone che hanno certamente il coronavirus. A nessuna di queste è stato fatto il tampone. Tamponi di massa? Non è necessario. Tutti dobbiamo comportarci come se la persona che abbiamo davanti sia infettivo. Il problema di questo virus è che il paziente è infettivo due giorni prima dei sintomi. Vanno fatti a chi ha avuto la sintomatologia, adesso sta bene e deve uscire. Deve essere sottoposta a due tamponi per essere certi che non abbia più la malattia». E aggiunge: «Rapporti intrafamiliari? È molto importante e doloroso distanziarsi. Un giovane va a lavorare, prende i mezzi e poi tornando a casa può infettare i propri nonni o genitori. È meglio non andarli a trovare, fargli sentire il proprio affetto a distanza»

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