«Casi positivi anche dopo 14 giorni»
Ecco come sarà ora la quarantena

Non più 14 giorni, ma 28. Quattro settimane. L’assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera ha confermato le nuove linee guida che regolano la quarantena dei cittadini positivi al coronavirus.

«Abbiamo deciso di consentire alle persone che sono in quarantena di prolungarla, a tutela e garanzia loro e degli altri cittadini - ha spiegato ieri in conferenza stampa Gallera -. Vuol dire che i medici devono prorogare la quarantena, attraverso un certificato, a tutti coloro che hanno terminato i 14 giorni e teoricamente dovrebbero rientrare al lavoro». Chi ora è a casa dovrà rimanere in isolamento fino al 3 maggio, sulla carta ultimo giorno di lockdown prima dell’inizio della «fase 2». Ai cittadini che risulteranno positivi nei prossimi giorni invece verrà rilasciato un certificato non più per 14 giorni (il periodo di incubazione del virus entro il quale in genere si manifestano i sintomi), ma 28.

Come mai è stata presa questa decisione? Perché le indagini epidemiologiche svolte dalle Ats, anche a Bergamo, dicono che esistono casi di positivi, quindi contagiosi, anche dopo le “classiche” due settimane. Farli tornare al lavoro, anche se asintomatici, magari in luoghi come supermercati o aziende, potrebbe alimentare nuovamente l’epidemia.

Massimo Giupponi, direttore generale di Ats Bergamo, spera in questo modo «di riuscire a gestire la fase di transizione tra la conclusione della malattia e il momento in cui ci sarà una più ampia disponibilità di test, con strumenti che consentiranno di favorire il rientro al lavoro secondo le regole». Un problema soprattutto bergamasco, perché è la provincia dove ci si è ammalati prima e dove è più alto «il rischio - continua Giupponi - di un rientro al lavoro anticipato, senza la possibilità di fare test e tamponi. C’è stata una precisa segnalazione da parte dell’Ordine dei medici in merito alla necessità di adottare regole che consentissero il prolungamento del periodo di quarantena. Per il nostro territorio è un provvedimento molto importante e fa piacere che sia stato adottato in tutta la Regione».

Ad oggi le linee guida dell’Istituto superiore di sanità indicano che un cittadino positivo a Covid-19, asintomatico o guarito dai sintomi, debba essere testato attraverso un tampone per verificare la negativizzazione non prima di sette giorni. Se risulta ancora positivo deve essere testato dopo altri sette giorni. Una volta negativo, il tampone deve essere ripetuto a distanza di 24 ore. Solo in quel momento, con il secondo risultato negativo, il paziente è ufficialmente guarito. Un procedura complessa, impossibile in Lombardia a causa del limitato numero di tamponi, circa 10 mila al giorno. Pochi, considerata la domanda elevata. «Chi non ha fatto il tampone all’inizio non lo fa neanche alla fine della malattia - chiarisce di Guido Marinoni, presidente dell’ordine dei medici della provincia di Bergamo -. I dati che abbiamo dicono che dopo un mese ci sono persone ancora positive, che possono diffondere il contagio. I 28 giorni sono un tempo ragionevole per consentire alla Regione di dotarsi dei tamponi, con cui poi si certifica se una persona è negativa o ancora positiva. Dico già che sarà impossibile trovare tutti i positivi: rimarranno fondamentali guanti e mascherine».

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