Cassazione: si sgonfia il caso Ganzer
Fatti di lieve entità, scatta la prescrizione

Si sgonfia il «caso Ganzer», vicenda che aveva visto a processo il generale dei carabinieri per presunte irregolarità in operazioni antidroga, con una condanna in appello, nel 2013, a 4 anni e undici mesi.

La terza sezione penale della Cassazione ha riqualificato i fatti imputati a Giampaolo Ganzer come di lieve entità, e pertanto è scattata la prescrizione.

Così ha deciso venerdì sera 15 gennaio il collegio presieduto da Aldo Fiale, al termine di una lunga camera di consiglio. «È un passo importante per l’accertamento della verità», ha commentato il generale, presente nell’ aula della Cassazione. Il pg Roberto Aniello aveva chiesto alla vigilia della sentenza la conferma della condanna d’appello a 4 anni e 11 mesi del generale Giampaolo Ganzer, ex capo del Ros, e di un gruppo di ufficiali e sottufficiali dei Carabinieri.

In particolare l’ufficiale dei carabinieri, congedatosi nel 2011, era accusato di traffico internazionale di stupefacenti per una serie di inchieste condotte sotto copertura tra il 1991 e il 1997, finalizzate all’arresto di trafficanti. Inchieste irregolari, secondo l’accusa, che avevano portato il Tribunale di Milano a condannare Ganzer in primo grado, nel luglio 2010, a 14 anni di carcere.

L’ipotesi dell’accusa, accolta dalle sentenze di merito - aveva spiegato il pg di Cassazione Aniello - «è un’attività di induzione dei fornitori al traffico e all’importazione, e poi al reperimento di acquirenti». Da qui le imputazioni di detenzione e traffico internazionale di droga. La finalità - aveva spiegato il pg - non era ovviamente l’immissione della droga sul mercato, «visto che le operazione erano condotte per arrivare al sequestro e all’arresto», ma di fatto «la droga veniva importata e poi messa sul mercato».

La Corte d’Appello, nel ridurre a 4 anni e 11 mesi, dai 14 anni inflitti in primo grado, aveva concesso al generale Ganzer le attenuanti generiche. Attenuanti anche per il suo vice, il colonnello dei carabinieri Mauro Obinu, la cui condanna era passata dai 7 anni e 10 mesi a 4 anni e mezzo. Gli altri imputati erano stati condannati a pene comprese tra gli 11 anni e 4 mesi, inflitti a un trafficante, ai 4 anni e due mesi.

Gli stessi giudici d’appello avevano ravvisato, come motivato nella loro sentenza, che «è certo che i militari del nucleo di Bergamo con il concorso dei colleghi della sede centrale, nel perseguire le predette finalità abbiano ecceduto, ma appare, considerate anche le energie profuse e i pericoli corsi, che abbiano agito, piuttosto che per puro carrierismo o forse anche per un ritorno economico per una sorta di fuoco sacro».

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