Claudio, appuntato e papà
«Ascoltare era la sua qualità»

Il carabiniere, 46 anni, lascia la moglie e una figlia di 10 anni. Era a casa dal 28 febbraio, dopo la scomparsa del suocero per il Covid-19.

«Pronto, carabinieri?». Il tono pacato e saldo, che già metteva tranquillità con sole due parole. Quella tranquillità che spesso chi chiamava il 112 sperava di incontrare dall’altro capo del filo. E Claudio Polzoni, appuntato scelto in servizio alla centrale operativa dell’Arma di Bergamo, per quasi dodici anni ha tranquillizzato, guidato, aiutato, confortato, sostenuto e a volte anche consolato oppure, quando era necessario, anche strigliato migliaia di bergamaschi. Il coronavirus si è portato via anche questa voce amica. E lo ha fatto giovedì sera a soli 46 anni, strappandolo alla moglie Cristina e alla figlia di soli dieci anni. E ai tanti colleghi del comando provinciale di via delle Valli, dov’era stato in servizio fino al 28 febbraio scorso.

L’appuntato e papà Claudio se n’è andato in pochi giorni, com’è nel dramma di questo maledetto virus. A fine febbraio era scomparso il suocero, trevigliese, anche lui strappato ai cari dal Covid-19. L’appuntato Polzoni abitava a Brignano Gera d’Adda con la moglie, trevigliese, e la figlia. Dal 2012 la sua vita si snodava tra la famiglia – con le giornate fatte di quotidianità ma anche di tanti momenti di svago e viaggi – e il lavoro alla centrale operativa. In servizio con il grado di «appuntato scelto qualifica speciale», Claudio Polzoni era nato a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, il 22 maggio del 1973. Diplomato all’Itis di Sesto, a ventun’anni si era arruolato nell’Arma: era il 1994 l’allora giovane Polzoni frequentò un primo anno di corso a Roma. Dal 1995 al 1999 fu in servizio in Sardegna, alla stazione dell’Arma di Sadali, piccolo centro del sud dell’Isola. Per lui fu una grande scuola di vita e professionale: il rapporto diretto con la gente, la capacità empatica di farsi carico in prima persona delle problematiche dei cittadini, grandi o piccole che fossero. Una «gavetta», come si dice e vale anche per i militari dell’Arma e che all’appuntato sarebbe servita negli anni successivi, quelli in servizio alla centrale operativa, non solo di Bergamo.

Dopo una parentesi in Veneto, dal 1999 al 2000 in servizio alla stazione dei carabinieri di San Giovanni Lupatoto, dove portò avanti lo stesso tipo di lavoro già maturato in terra sarda, nel 2000 Polzoni si specializzò operatore della centrale operativa. Prima di approdare al comando provinciale di via delle Valli, Polzoni fu in servizio, dal 2000 al 2002. Nel 2002 il ritorno nella natìa Lombardia, con dodici anni trascorsi alla centrale operativa del comando di Seregno, in provincia di Monza e Brianza. Conosciuta nel frattempo la futura moglie, dieci anni fa l’arrivo della figlia e, nel 2012, il trasferimento al comando provinciale di Bergamo. Sempre con l’incarico di operatore della centrale.

Dove Polzoni gestiva un’ordinaria amministrazione fatta di migliaia di telefonate ogni giorno: chiamate che vanno dalle semplici richieste di informazioni fino ai casi più gravi: i furti, le rapine, gli omicidi. Un lavoro di squadra con uno o due colleghi per turno: perché alla centrale operativa non si ricevono solo – si fa per dire – le migliaia di chiamate quotidiane. Ci sono anche le telecamere della videosorveglianza da controllare, il coordinamento con le centrali operative delle altre compagnie bergamasche (Treviglio, Clusone e Zogno), la gestione di tutte le pattuglie dell’Arma sul territorio, tramite la radio, e il contatto con gli ufficiali per i casi più gravi.

In centrale Claudio Polzoni è stato presente fino al 29 febbraio. Poi si era preso qualche giorno di riposo per la scomparsa del suocero e per stare vicino alla moglie in tempi in cui anche dare l’addio a un proprio caro – senza camera ardente e funerale – diventa un ulteriore calvario. L’appuntato non immaginava che non sarebbe più rientrato al lavoro. Giovedì 5 marzo i primi sintomi influenzali. Poi il rapido peggioramento. Venerdì scorso, il 13, il ricovero prima a Treviglio e poi il trasferimento urgente all’ospedale di San Donato. Da quel momento moglie e figlia non l’hanno più visto. E l’esito del tampone è arrivato come una mannaia: coronavirus. Meno di 72 ore dopo l’arrivo a San Donato, la morte.

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