«Colpito da Parkinson, cosa faccio?»
E il manager rinasce nel volontariato

La storia di Marco Guido Salvi, già consigliere durante un mandato dell’amministrazione provinciale guidata da Valerio Bettoni e ora presidente dell’Associazione parkinsoniani di Bergamo.

Da manager in carriera a malato di Parkinson: quando, all’improvviso, è arrivata quella terribile diagnosi in un attimo, Marco Guido Salvi ha pensato di essere arrivato al capolinea. «Ho incominciato ad avere i primi sintomi quando avevo 48 anni – racconta – ed ero nel pieno della carriera lavorativa. Ero sempre al telefono, sempre in viaggio. Uno dei miei primi pensieri è stato la paura di dover mollare tutto. Avevo un posto di responsabilità nel gruppo Italcementi, ero direttore generale di una società e amministratore delegato di un’altra. Ero impegnato anche in politica, sono stato consigliere provinciale per cinque anni con Valerio Bettoni. Con una carriera di questo tipo alle spalle mi sono chiesto: e adesso cosa faccio? Mi sono arrabbiato con me stesso e perfino con Dio. Perché proprio a me? continuavo a pensare».

La prima tentazione è stata quella di chiudersi in se stesso, abbandonare tutto e ripiegarsi sulla malattia: «Uno dei problemi più gravi dei parkinsoniani – continua Marco Guido Salvi – è proprio questo. Marco Guido si trova ancora nella prima fase della malattia: «Ho alcune difficoltà di movimento, ma sono molto limitate: fatico a radermi, ad allacciare i bottoni, a salire e scendere dall’auto. Rispondo abbastanza bene alle cure, ma devo sempre andare in giro con le pillole in tasca».

Marco Guido è riuscito a superare la depressione e la preoccupazione per il futuro grazie a un incontro speciale: «Ho cercato di raccogliere più informazioni possibili sul Parkinson ed è così, attraverso la segnalazione di un sito internet, che ho scoperto l’esistenza dell’Associazione parkinsoniani di Bergamo (Aip, www.aipbergamo.it, tel. 035-343999), un gruppo di persone impegnate per rendere migliore la vita degli altri malati. Li ho incontrati circa sei mesi dopo la diagnosi e non li ho più lasciati. Ho incominciato a partecipare agli incontri e alle iniziative che organizzavano, poi ho preso slancio ed entusiasmo, mi sono impegnato molto e un anno e mezzo dopo sono diventato presidente».

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