Coronavirus, Cilesi non era preoccupato
Verifiche su eventuali patologie pregresse

Non era particolarmente preoccupato per il coronavirus, «è un’influenza un po’ più alta», diceva, «rispettiamo le direttive ma stiamo tranquilli, usciamo con mascherina e guanti» per andare nei reparti, ma era anche «arrabbiato» per un certo tipo di comunicazione sugli «anziani più colpiti» come a minimizzare le perdite di questi giorni.

Stava affrontando così l’epidemia di coronavirus in Italia Ivo Cilesi, il terapeuta morto all’ospedale di Parma nella notte tra domenica e lunedì, contagiato dalla Covid-19, luminare delle terapie non farmacologiche per i pazienti di Alzheimer e papà di metodi innovativi come la «doll therapy» o il «treno virtuale».

Aveva 62 anni, e sulla sua situazione «sono in corso approfondimenti su eventuali patologie pregresse», si apprende da fonti della Regione Emilia-Romagna. Verifiche che potrebbero riguardare l’incidenza sul quadro clinico di problemi metabolici e cardiovascolari. «Acquisiamo i dati. Quando ci sono eventi che si scostano da quel che conosciamo aspetto per valutare la relazione dai colleghi, non sono in grado di sbilanciarmi.

«Quando li avremo saremo trasparenti», ha detto in conferenza stampa il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro. Genovese d’origine, Cilesi era psicopedagogista e terapeuta specializzato nella lotta all’Alzheimer. Si era laureato in pedagogia all’Università di Genova ma da anni ormai viveva e lavorava nella Bergamasca, mentre nel Parmense aveva all’attivo un centro che combinava le terapie agli effetti delle acque termali. A lui si devono due soluzioni creative per diminuire gli stati di agitazione per i pazienti affetti da Alzheimer: la «doll therapy», tecnica della bambola, e «il treno virtuale».

Cilesi era arrivato a Salsomaggiore (Parma), a casa della compagna, martedì sera: accusava qualche malessere ma non aveva febbre. Sembrava solo stanchezza per i tantissimi impegni e progetti che stava seguendo. Poi la situazione è precipitata nel giro di tre giorni: giovedì notte una crisi respiratoria, venerdì il ricovero all’ospedale di Vaio (a Fidenza, nel Parmense), dove è risultato positivo al tampone per il coronavirus. Sabato è stato trasferito all’ospedale Maggiore di Parma dove è poi morto nella notte tra domenica e lunedì.

I suoi più stretti collaboratori, affranti per la perdita, lo ricordano come una persona umile, sempre disponibile. «Ho sentito l’ultima volta Ivo giovedì sera», racconta all’Ansa la dottoressa Paola Brignoli, sua collega e vice del centro di ricerca onlus Innovative Elder Research (Ier) che ha sede a San Paolo d’Argon, «creatura» di Cilesi. «Non aveva ancora avuto la diagnosi di coronavirus, stava bene. Poi nella notte la crisi respiratoria e il ricovero. In pochissimi giorni se l’è portato via». Cilesi si trovava nel Parmense, tra Salsomaggiore e Tabiano, anche perché stava lavorando alla nuova sede del Centro Ammonis, specializzato in terapie non farmacologiche per pazienti con deperimento cognitivo. «Era una persona umile, che non ha mai ostentato la sua grandezza», afferma Brignoli, «sempre al servizio degli altri, perdiamo tantissimo con lui. Siamo angosciati».

Il centro Ier, che ha l’obiettivo di trovare linee guida per applicare in modo corretto terapie non farmacologiche ai malati di Alzheimer «era il suo sogno», «lui che era il maggiore esperto internazionale» su questa materia. «Dobbiamo continuare, sarà faticoso ma dobbiamo farcela». La dottoressa Brignoli lo ha visto l’ultima volta la settimana scorsa e per questo con tutto il team, 4-5 persone, è ora in quarantena, così come la compagna di Cilesi. «Appena ne usciremo organizzeremo il suo funerale».

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