Dieci anni di episcopato di mons. Beschi
«Contraddizioni ma sapremo rigenerarci»

Per i dieci anni di episcopato del vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, quattro pagine su «L’Eco» con un’ampia intervista .

«Inizialmente mi sono sentito non solo accolto, ma destinatario di un credito di fiducia che non posso dimenticare. Mi sono sentito a casa in questa Diocesi, che pur vicina a quella delle mie origini, non conoscevo: parrocchia, oratorio, clero, Seminario, organizzazione della Curia, rilevanza sociale, mi apparivano come ambienti e figure familiari. Con il passare degli anni ho cominciato a conoscere alcuni connotati più specifici della Chiesa di Bergamo: il radicamento e la capillarità della sua presenza; la credibilità del clero alimentata dalla sua generosa dedizione e dalla vicinanza alla gente e alla vita della gente; la fede, l’impegno, la generosità del popolo dei battezzati; la consistenza quantitativa ed impressionante delle “opere” e delle strutture ascrivibili alla Diocesi in tutte le sue articolazioni; la fede e la testimonianza delle numerose comunità religiose; l’impegno missionario che viene riconosciuto da parte della Chiesa intera. In questi stessi anni ho avvertito anche il logoramento e lo svuotamento di strutture importanti sul territorio e al centro della Diocesi». È questo uno stralcio dell’ampia intervista su L’Eco di Bergamo al nostro vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, in occasione dei dieci anni del suo episcopato.

In un dialogo con il nostro direttore Alberto Ceresoli, il vescovo racconta la «sua» Bergamo e la realtà ecclesiale: «Se dovessi valutare quantitativamente la realtà ecclesiale, non potrei che ammettere una contrazione su tutti i fronti: dal numero dei sacerdoti e seminaristi a quello dei consacrati e degli operatori pastorali; dalla partecipazione ai momenti qualificanti la comunità cristiana alla domanda di Sacramenti. Lo stesso volontariato soffre, come quello sociale, di una flessione e di un invecchiamento che pongono molti interrogativi – prosegue -. Ma anche dal punto di vista della qualità della vita cristiana le provocazioni non mancano. La secolarizzazione diffusa, la “distanza” giovanile, la paradossale contraddizione tra appartenenze ecclesiali indiscusse e indiscutibili e criteri di giudizio e scelte di vita che le sembrano contraddire, ma non vengono avvertite così. Tengo sotto gli occhi un’interessante indagine condotta sotto la competente guida del professor Nando Pagnoncelli nel 2004, relativa all’immagine riconosciuta della Chiesa a Bergamo: ritengo che quell’immagine sia profondamente mutata».

Con un chiara percezione di contraddizioni interne alla comunità: «Con frequenza riscontro la divaricazione tra gesti personali e comunitari di grande intensità solidale - non dimentichiamo che insieme alla Chiesa, la nostra terra esprime un’esperienza di volontariato tra le primissime in Italia -, e manifestazioni, scelte politiche e sociali, giudizi e comportamenti che appaiono contraddittori e antievangelici, proprio da parte di chi riconferma e addirittura giustifica la propria identità cristiana, in nome di questi gesti. Abbiamo pertanto una comunità che da decenni ha accolto persone di altri Paesi in misura percentuale tra le più alte in Italia, senza particolari conflitti sociali, e nello stesso tempo un sentire diffuso che si rappresenta come ostile a questa convivenza» spiega. Ma c’è anche un auspicio: «Che la Chiesa di Bergamo avverta con gioia il dono e la possibilità, che scaturiscono dalla “novità” della fede, di rigenerare l’intera nostra comunità e la sua capacità di sperare».

Nelle quattro pagine che L’Eco di Bergamo dedica allo speciale anniversario, anche l’editoriale del vicario generale della Diocesi di Bergamo monsignor Davide Pelucchi: «Carissimo Vescovo Francesco, pochi giorni fa, incontrando a Chiuduno i membri dei Consigli Pastorali Territoriali, Lei ha proposto come modello, per il prossimo cammino pastorale, la figura di Abramo, invitandoci ad avere fiducia nel futuro che Dio ci prepara e a credere che è Lui ad inviarci verso la vita piena – inizia così il testo -. A partire da questa sollecitazione le esprimo, a nome dell’intera Diocesi, il grazie più sincero e profondo per i dieci anni trascorsi a servizio della nostra Chiesa. Le molteplici ragioni della nostra gratitudine le riassumo così: “I frutti del suo ministero hanno superato le promesse dei fiori”».

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