«Discarica abusiva» alla Fara
Per Locatelli chiesto un anno e mezzo

Prosegue il processo nei confronti di Pierluca Locatelli, l’imprenditore accusato di discarica abusiva al parcheggio della Fara di Bergamo, ma anche in un terreno a Carvico e in un altro a Villa d’Adda. In tribunale ha parlato un consulente della difesa,Francesco Melidoro, che ha smontato la perizia commissionata dal gup.

Il pm Laura Cocucci ha formulato le richieste di accusa: Locatelli e il suo collaboratore Andrea Fusco vengono ritenuti responsabili di tutti e tre gli episodi: per Locatelli è stato chiesto un anno e sei mesi di arresto e 30 mila euro di multa, mentre per Fusco un anno e due mesi e 14 mila euro di sanzione. Per gli altri tre collaboratori di Locatelli, Luca Piero Milesi, Giovanni Rocca e Corrado Sora, la richiesta è di un anno di arresto e 21 mila euro di multa.

Lo scorso primo luglio in tribunale aveva parlato Lorenzo Cadrobbi, il geologo cui «Bergamo Parcheggi» commissionò una relazione tecnica durante i lavori di realizzazione del parcheggio alla Fara. Si tratta di un processo che si gioca sulla natura del materiale depositato dall’impresa di Locatelli. Non regolare e da qualificarsi come rifiuto per l’accusa; regolare, e comunque posizionato in maniera provvisoria (e alla Fara per necessità), secondo la difesa.

Tra l’altro, ha fatto notare Cadrobbi lo scorso primo luglio, l’area del cantiere era una vecchia cava riempita – probabilmente nel Dopoguerra – con materiale inerte, derivante dalla demolizione di abitazioni: 30 mila metri cubi di terriccio, mattoni, calcestruzzo e altro, per una profondità che andava dai 5 ai 15 metri, «che avevo indicato di smaltire come rifiuti». Il geologo ha ricordato come nel dicembre 2007 fu richiamato in Italia urgentemente perché al parcheggio era cominciata la frana. «Ero negli Usa, presi l’aereo il 31 dicembre e il 1° gennaio 2008 ero sul cantiere – ha ricordato –. Il primo intervento, di somma urgenza, fu quello di ricreare un piede per arginare il fenomeno. Furono messi blocchi di cemento, fu effettuato un getto di calcestruzzo per tamponare una varice. Ma queste operazioni vanno bene per le frane piccole. Per bloccare quella ci voleva anche del materiale di riporto, da reperire in modo veloce e che fosse adatto».

Ecco allora l’impresa Locatelli che da un’area vicino al cantiere della galleria di Carvico sposta migliaia di metri cubi per creare l’argine. «La frana fu bloccata – ha confermato il geologo –. Se ora quel materiale venisse rimosso, il fenomeno verrebbe riattivato». La causa della frana? «La maniera in cui fu progettato l’intervento», ha spiegato Cadrobbi: «La fascia di terreno da rimuovere andava contenuta con tiranti, ma si preferì agire con fori e chiodi. Quando il fenomeno cominciò ordinai di realizzare file di tiranti, ma dopo la seconda si verificò la frana».

Sergio Chiesa, geologo del Cnr chiamato a verificare le caratteristiche del materiale in vista a cedimento già avvenuto, ha spiegato che il terriccio della Locatelli era «una soluzione di emergenza, provvisoria» e che era probabilmente l’unica praticabile: «Mettere operai alla parete con macchinari per fissare i tiranti a quel punto sarebbe stato rischioso: nessun ingegnere l’avrebbe autorizzato».

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