Effetto Covid sui conti di Bergamo
Il bilancio del Comune tra i più colpiti

Ricerca dell’Università di Bologna: Bergamo tra i capoluoghi con il calo più forte di entrate. L’assessore: «Le perdite sono aumentate rispetto alle stime, ma le copriamo con i 13,9 milioni dallo Stato».

Uno dei Comuni più colpiti dal Covid, anche dal punto di vista dell’impatto sulla finanza locale. Una ricerca dell’Università di Bologna stima infatti una forbice di minor entrate per Palafrizzoni tra il 14,4% (l’ipotesi migliore) e il 19,6% (l’ipotesi peggiore), collocando Bergamo nella top ten dei capoluoghi con la variazione più significativa a causa della pandemia (al primo posto c’è Brescia).

L’assessore al Bilancio Sergio Gandi, pur contestando il metodo dello studio (fondato su fonti esterne, in particolare sul database di Aida Pa Bureau Van Dijk-A Moody’s Analytics Company, e non sui dati diretti dell’amministrazione) ammette che le minori entrate sono aumentate rispetto alle previsioni iniziali: da 9,5 milioni a circa 13,9. «Sono più di 9,5 milioni di euro», si limita a dire, rimandando a venerdì 17 luglio - quando sarà presentato l’assestamento degli equilibri di Bilancio - i dettagli. La situazione, però, sarebbe sotto controllo. «Le risorse stanziate dallo Stato, e già nella nostra disponibilità, fanno fronte alle mancate entrate», assicura. I conti tornano così. A Bergamo sono stati destinati 6,5 milioni dei 3 miliardi previsti a livello nazionale dal Decreto Rilancio e 7,4 milioni di euro dei 200 milioni di euro per le province più colpite dall’emergenza coronavirus. In totale, quindi, fanno 13,9 milioni di euro, una cifra che secondo l’assessore copre il calo di entrate correnti causato dal lockdown. «Circa due milioni dei fondi governativi – fa il punto – sono già stati impiegati in una variazione di Bilancio: un milione come garanzia del fondo di Mutuo soccorso e 950 mila per la riduzione della Tari. Ma anche il resto del ristoro è già nella nostra disponibilità».

Lo studio

Per il professore associato di Economia aziendale dell’Università di Bologna Emanuele Padovani, che ha coordinato la ricerca presentata ieri nel corso di un webinar di Italypost, proprio il ritardo nella distribuzione dei 3 miliardi del Decreto Rilancio agli enti (prevista entro il 10 luglio) sta creando non poche difficoltà ai Comuni, alle prese con la chiusura delle manovre locali. L’analisi - che ha preso in considerazione 7.900 amministrazioni comunali, scorrendo 55 voci di entrate correnti (dall’Imu-Tasi all’addizionale Irpef, dalla tassa di soggiorno agli oneri di urbanizzazione, dai proventi dei servizi turistici e musei, alle sanzioni da Codice della strada e canone di occupazione del suolo pubblico) - ha stimato minori entrate a livello nazionale tra i 5,4 e gli 8,7 miliardi di euro, con il 60% degli enti che farà fatica «a stare sopra al pelo dell’acqua».

I Comuni più in sofferenza? «Paradossalmente quelli che prima del Covid godevano di buona salute, perché erano più autonomi e meno dipendenti dai trasferimenti statali. Quindi i Comuni più grandi e del Centro-Nord a vocazione turistica. Il Covid ha cambiato la geografia della salute finanziaria, creando squilibri a tutte le latitudini». I rischi sono un ritorno del freno tirato sugli investimenti e una riorganizzazione delle spese correnti, e quindi dei servizi, come ha fatto notare anche Enrico Buzzoni, amministratore delegato Mbfacta spa-Gruppo Mediobanca. Nella classifica presentata durante l’incontro moderato da Filiberto Zovico, fondatore ItalyPost, Brescia, Firenze, Mantova, Rimini, Venezia, Pisa e Siena sono nella parte alta, con Bergamo settima. Al Sud invece i capoluoghi più avvantaggiati: a Palermo, Catania, Nuoro, Carbonia, Messina e Taranto le variazioni di entrate più basse.

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